Storia del Carnevale di Viareggio

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    Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, Viareggio, undicimila abitanti, si estendeva su una superficie edificata dal Canale Burlamacca alla Via Mazzini, allora detta Via di Confine. Da mezzo secolo città per decreto (1820) di Maria Luisa Duchessa di Lucca, Viareggio era divenuta Comune dell'Italia Unita nel 1870, subendo la perdita traumatica della giurisdizione su Massarosa. L'abitato si diradava su un ampio territorio agricolo appena bonificato, sottratto alle paludi e alla malaria. Al di là di una macchia di giovani pini si stendeva un vasto litorale sabbioso.
    La duplice vocazione, portuale-cantieristica e balneare-turistica della città era appena iniziata. La prima darsena era stata escavata da un anno rispetto all'elezione di Viareggio a città, nel 1819, e il porto-canale era contrassegnato da un molo su palafitte, lungo 190 metri. I cantieri varavano in media 150 tonnellate l'anno di naviglio. I primi bagni pubblici, il Dori e il Nereo, erano stati costruiti nel 1827, ma da allora erano trascorsi trent'anni prima di arrivare alla costruzione degli stabilimenti balneari: il Felice nel 1860, il Nettuno nel 1865. Negli anni Settanta il Balena e il Quilghini erano in fase costruttiva. Capofila degli edifici lungo il litorale era il Teatro Alhambra.
    La Via Foscolo, allora Via Nuova, e i Giardini D'Azeglio, che contenevano un ippodromo e s'aprivano davanti al Palazzo Paolina, eretto nel 1822, arginavano l'espansione urbanistica verso il litorale. Lungo la patronimica Via Regia, arteria di transito e di commercio, che sfociava in Piazza Grande, luogo di ritrovo e di arengo, sorgevano i palazzi dell'aristocrazia ricca di Lucca. Dal 1822 si affacciava in Piazza Grande il troncone della Reggia che Maria Luisa aveva fatto progettare dall'architetto Lorenzo Nottolini. I lavori erano stati bloccati da Carlo Ludovico nel 1824. Nel 1827 il duca aveva fatto dono al Comune della Reggia incompiuta, poi "ridotta ad uso di Casinò" nel 1834. Sulla Piazza Grande si ergeva anche il Teatro Pacini, costruito da Giovanni Pacini, musicista siciliano, giunto a Viareggio da Roma al seguito della Corte di Giuseppina Bonaparte.
    1873: in quest'ambito, dei Teatro Pacini e dei Casinò comunale, della Piazza Grande e della Via Regia, ebbero origine i corsi mascherati di Viareggio. Da anni immemorabili era invalso in Viareggio un certo modo di festeggiare il Carnevale. Dai tempi dei Ducato di Lucca sicuramente: il Governo regalava al popolo una giornata trasgressiva, il Martedì Grasso, secondo la tradizione "padroni e servi a banchettare insieme", e i Viareggini erano soliti designare a governatore della città per quel giorno un mattocchio "in chiodara, scroi e ciarpone rosso in vita" soprannominato provocatoriamente Puppino, in contrapposizione ai "pupponi" dell'Amministrazione ducale.
    1873: la proposta di inventare un corteo di carrozze, colme di fiori e cariche di maschere, fu discussa dai frequentatori del Caffè del Casinò, giovanotti-bene, capiscarichi appartenenti a famiglie che di certo avevano la carrozza nel cortile del palazzo. Basta coi veglioni al Teatro Pacini o nei saloni del Casinò. 0 piuttosto: oltre ai veglioni al chiuso, balli all'aperto, nelle strade. L'idea rimbalzò nelle pagine della "Gazzetta del popolo", giornale che aveva iniziato le pubblicazioni appena un anno prima. Fu scelta la Via Regia e il "corteo- conquistò subito il popolo che negli anni immediatamente successivi mischierà alle carrozze dei signori i barrocci e i carri agricoli.


    Carnevale 1921: la rinascita.
    L'espansione urbanistica di Viareggio raggiunse negli Anni Venti la Via Vespucci, allora Via della Pineta. La città, ventinovemila abitanti, aveva legato saldamente il suo avvenire all'incremento della balneazione. Nel 1902 aveva inaugurato il Viale Margherita, subito soprannominato Passeggiata a mare, delimitato da padiglioni di legno, chalets estemporanei, addossati. La loro diversità compositiva, fantasiosa, promosse uno "stile". Lungo il viale parallelo alla Passeggiata erano sorti molti edifici a volumetria mastodontica destinati ai grandi alberghi, "picchi" di un andamento edilizio formato da ville e villini di gusto floreale. La "Viareggio liberty" era nata. Ma l'assetto definitivo dei Viali a mare fu opera di una Commissione governativa urbanistica nel 1924, a seguito della cessione demaniale al Comune degli arenili.
    1921: il rilancio del corso mascherato sui Viali a mare avvenne al Caffè del Casinò, lo stesso dove ebbe origine la sfilata delle carrozze in Via Regia. Nel Caffè aveva posto la sede il Club dei lavoratori: ritrovo esclusivo d'intellettuali, imprenditori, albergatori, balneari, commercianti e impiegati, tutti un po' "sacerdoti- della "belleepoque". Dal Club dei lavoratori sortì il -Comitato permanente dei festeggiamenti di Carnevale" che riuscì ad ottenere dal Comune un contributo, grazie al reddito della tassa di soggiorno, balzello turistico introdotto l'anno prima.
    1925: Anno memorabile per la rinascita del corso mascherato dopo la prima guerra mondiale, con l'arrivo del Re Carnevale su una nave imbandierata, per scorta la flotta dei pescherecci illuminati, le sirene al massimo. Nacque la carta a calco e, insieme, spuntò la gran rivalità fra due costruttori di carri destinati a divenire mitici: Antonio D'Arliano e Alfredo Pardini. La città si divise in due fazioni ed è proprio guardando al loro lavoro che Viareggio coniò per i costruttori dei carri il termine "maghi". Alfredo Morescalchi contemporaneamente iniziò l'attività di costruttore di complessi mascherati, detti "d'apertura-, perché alla testa del corso. Studi alle Belle Arti di Carrara, scultore (un suggestivo Crocifisso di legno rosso è nella Basilica di Sant'Andrea) ricercato modellatore per il Cinema di statue-contro figura (Ingrid Bergman, per dire, nel ruolo di Giovanna D'Arco) disegnatore di film d'animazione (i cartoon di Roberto Sgrilli) Morescalchi lavorò in America. A Detroit gli è dedicato un museo di teste caricaturate, raffiguranti personaggi di tutto il mondo.


    Carnevale 1946: la Ripresa.
    Negli anni Quaranta, terminata la guerra che distrusse Viareggio, la città si sviluppava su un territorio urbano che aveva raggiunto la Via Marco Polo, allora denominata Via di Camaiore. Quarantamila i residenti. Il 9 settembre 1943 la città era stata occupata dall'esercito tedesco e il 14 novembre era stata dichiarata "zona d'operazioni militari". Dal primo novembre 1943 al 29 luglio 1944 aveva subito ben cinquantasei bombardamenti aerei. Il litorale era stato minato contro un eventuale sbarco degli eserciti alleati e i Viali a mare erano stati sbarrati coi cavalli di Frisia. Disabitata, per lo sfollamento dei suoi abitanti, sconvolta dalla lunga presenza di un esercito d'occupazione, distrutta dalle bombe, fu liberata dalle truppe americane il 16 settembre 1944. Cominciò la ricostruzione. Sofferta e risoluta.
    1945: il Comitato di Liberazione Nazionale ricostituì l'Ente "ProViareggio" e al rinnovato organismo turistico fu affidato il rilancio dei corsi mascherati. I "carnevalari" furono chiamati a raccolta dal giornale "La Patria". Luogo di riunione: il ristorante "Tito Schipa" in Via Foscolo. La spinta decisiva derivò dal Corpo musicale "Giovanni Pacini" con la richiesta al Comune e al CI-N di sostenere il rinato "Comitato dei festeggiamenti di Carnevale". Comune e CLN destinarono al Comitato un finanziamento sui proventi del Casinò, la cui inaugurazione nello stabilimento balneare "Principe di Piemonte", era stata prevista per il Carnevale 1946: il 9 febbraio. Il 20 aprile, a nemmeno tre mesi dall'apertura, la Casa da gioco nei saloni del Principe fu chiusa per ordine del Ministro degli Interni. La pur brevissima gestione del Casinò portò nelle casse comunali quaranta milioni; al Comitato dei festeggiamenti pervennero un milione e 200 mila lire.
    1946: i carri per il primo corso del dopo guerra furono costruiti ovunque fu possibile reperire uno spazio: sotto i portici del mercato al Piazzone; fra le macerie delle case improvvisando coperture coi teloni militari dell'esercito americano; fra le rovine degli stabilimenti balneari; fra i muri dell'ex Casa del Fascio in Piazza Mazzini, sventrata il 18 luglio 1945 dalla deflagrazione di Villa Rigutti eletta a deposito degli ordigni ricavati dallo sminamento del litorale; fra i resti di un edificio a lato della stazione centrale. Il vecchio Casinò nella sede dell'antica Reggia dei Borboni, trasformata in Municipio, e il Teatro Pacini distrutti dalle bombe, come il Teatro Politeama del resto, nella programmazione dei veglioni furono sostituiti dal Principe e dall'Hotel Royal. Fu programmato un unico corso, domenica 3 marzo; il maltempo lo rinviò al Martedì grasso, 5 marzo. Una seconda edizione del corso, proposta per la prima domenica di Quaresima, fu impedita un dal Prefetto che giustificò il diniego con l'acceso clima politico per le elezioni amministrative.
    1947: Venuti meno i proventi del Casinò, il Comitato fece ricorso ad una sottoscrizione e tentò di coinvolgere soprattutto le Associazioni ABC: Alberghi, Bagni, Commercio. Al termine di una campagna pubblicitaria mirata a promuovere un prestito triennale, la somma raccolta fu talmente esigua che il Comitato deliberò di restituirla.


    Carnevale 1961: il Rinnovamento.
    La Viareggio del dopoguerra, rapidamente ricostruita, aveva spinto l'espansione urbanistica al confine del comune di Camaiore, segnato dalla Fossa dell'Abate, con la realizzazione della "Città Giardino". Salvato il polmone verde della Pineta di Ponente, l'edilizia aveva attaccato l'altro polmone, la Pineta di Levante, con un programma di case popolari, subito bloccato, e l'apertura del Vialone lungo il litorale. La popolazione in vent'anni era aumentata da quaranta a quarantasettemila abitanti. L'Amministrazione comunale precorse il Centrosinistra dal Governo centrale, con l'ingresso in Giunta, dal 2 febbraio 1961, dei socialisti. 1961: dopo l'incendio dei capannoni della Città vecchia del 29 giugno 1960 e la ricostruzione a tempo di record di quattro nuovi capannoni degli otto programmati nella zona del Marco Polo, fu possibile uno svecchiamento del corso mascherato.
    I grandi carri e le mascherate ritornarono sui Viali a mare "più belli e più grandi che pria", come sottolineò il titolo del carro di Alfredo Pardini, parafrasando Petrolini. Si profilò una nuova promettente generazione di "maghi", sostitutiva dei Maestri Antonio D'Arliano, Alfredo Pardini, Alfredo Morescalchi. I darlianisti e i pardiniani viareggini impararono a conoscere altri "fuoriclasse" sui quali trasferire il tifo cittadino.
    Da prima Sergio Baroni e Silvano Avanzini, eppoi Arnaldo Galli e in seguito Giovanni Lazzarini capifila di un'innovazione non solo tecnica, ma anche ideologica. Si fece subito strada una contrapposizione interpretativa identificabile in due filoni: il romantico e il verista. Nel romantico s'inserirono i sostenitori delle allegorie di evasione, favolistiche, ridanciane, innamorate dell'estetica, delle colorazioni attinte dalla natura. Nel verista si posero i fautori di carri cui affidare messaggi sociopolitici, di denuncia dei guasti industriali, governativi, partitici, infatuati di ribellismo, pronti alla satira e alle tinte violente. Anche se protagonisti di alcune "evasioni",
    gli esponenti del fantasioso, del favolistico, della semplicità, dell'effimero insomma, furono Sergio Baroni e Arnaldo Galli. I rappresentanti, dell'altro movimento, interpreti delle inquietudini politiche, diretto a colpire un personaggio, una situazione, un comportamento, con tutta la provocazione possibile, furono invece Silvano Avanzini e Giovanni Lazzarini. Il vero rinnovamento del corso mascherato, comunque sia, fu l'avvento sui carri, ed anche nelle mascherate, della satira politica, inavvertita prima degli Anni Sessanta. E, se perseguita da qualche costruttore, vietata.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:45
     
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    I Corsi
    Negli anni immediatamente successivi al 1873, quando fu promosso il primo corso delle carrozze in Via Regia, la partecipazione ebbe un crescendo di mezzi e di gente.
    1874: ai fiacre, i landau, i tilbury delle famiglie benestanti, si unirono gli omnibus del servizio pubblico, le berline e poi i calessi, i barrocci, i carri agricoli a riprova della presa popolare del corso.
    1877: il 9 febbraio l'Amministrazione comunale emise un'ordinanza che consentiva la presenza ai corsi solo ai mezzi a due ruote, senza il vetturino a cassetta, coi cavalli privi di sonagliere e trattenuti al morso da un conducente a piedi. Il provvedimento annunciava severe sanzioni a chi aveva fatto uso di oggetti contundenti nel corso e fissava il "percorso delle maschere" fra Piazza della Dogana e Piazza dell'Olmo.
    1878: la morte del Re Vittorio Emanuele II, il 9 gennaio, vanificò i preparativi del corso, quando, a cominciare dai carri, la lavorazione era più che avanzata. I corsi mascherati furono cancellati. Il lutto nazionale sospese le feste di Carnevale.
    1879: per risentimento e protesta contro il provvedimento dell'anno prima, la Società del Carnevale si sciolse e non ci fu il Corso di Carnevale.
    1892: due furono i corsi in Via Regia: l'ultima domenica di Carnevale e il Martedì Grasso. Per la prima volta. La città, in lutto per la morte del Curatino Antonio Maria Pucci, proclamato poi santo dalla Chiesa, annullò molte feste, ma non i corsi.
    1901: il corso fu prolungato oltre Piazza della Dogana, fino all'altezza del Viale Margherita, che, nello stesso anno, fu inghiaiato e massicciato.
    1905: il corso fu trasferito dalla Via Regia al Viale Margherita lungo un percorso compreso fra il Canale Burlamacca e Piazza Mazzini.
    1912: un'ordinanza comunale del 21 gennaio consentì l'apertura dei negozi per la vendita e il noleggio di abiti "inerenti alle feste carnevalesche", ma nessuna disciplina fu riservata ai corsi, probabilmente non programmati a causa della guerra di Libia.
    1914: furono promossi gli ultimi corsi antecedenti la prima guerra mondiale. Premi ai carri allegorici, alle automobili, alle mascherate a piedi superiori a sei maschere, alle carrozze, alle biciclette. Corsi precedenti la prima guerra mondiale furono sempre aperti gratuitamente al pubblico; anche nel dopoguerra, fino al 1926, non fu richiesto agli spettatori il biglietto d'ingresso.
    1921: Primo corso mascherato del dopo guerra con la novità dell'orchestra su ogni carro.
    1922: alle manifestazioni carnevalesche, ed in particolare al corso dei carri, mancarono i ... carri. Lelio Maffei scrisse: "Carnevale di forza, coatto, subíto come un armiversario..."
    1927: i Viali a mare, tratto Canale Burla macca-Piazza Mazzini, furono transennati Ebbe inizio il Carnevale con il corso a pagamento. I viareggini coniarono il termine "Carnevale in gabbia e "gabbia" fu definito il luogo transennato. Il Comune acquistò i carri dai costruttori e, in estate, li mise in mostra sulla Passeggiata.
    1929: fu promosso un corso speciale dedicato ai bambini.
    1930: le Ferrovie dello Stato concessero il 50 per cento di riduzione sui treni per due manifestazioni: la Fiera Campionaria di Milano e il Carnevale di Viareggio.
    1936: il corso mascherato non ci fu a causa della guerra in Etiopia.
    1940: Ultimo corso prima della seconda guerra mondiale, con appena sei carri grandi, quattro piccoli, due mascherate.
    1946: passata la guerra, i carri tornano sui Viali a mare. Il corso, gratuito, si svolse sempre nel tratto Canale Burlamacca - Piazza Mazzini.
    1947: Fu ripristinata la "gabbia" e il corso fu di nuovo a pagamento. Con gli Anni Cinquanta ebbe termine il traino dei carri con i buoi.
    1952: Furono impiegati per la prima volta, per il trasporto dei carri, i trattori agricoli.
    1953: Fu sperimentato il "Corso a soggetto". Tema: "Il Carnevale attraverso i tempi". Ci furono carri storici e preistorici.
    1954: I corsi furono spostati oltre la Piazza Mazzini, nel tratto Piazza Mazzini - Hotel Royal; la decisione fu adottata per mitigare il costo della "gabbia- che, all'altezza dei Giardini D'Azeglio, reclamava un'eccezionale transennatura.
    1956: A causa del maltempo - tramontana e neve - il pubblico restò lontano dai corsi, che ebbero solo due edizioni. Programmati nuovamente per il lunedì di Pasqua e per la domenica successiva con l'invenzione di una 'Festa della primavera', non esercitarono attrazione. L'esperimento fu considerato da non ripetersi.
    1957: Fu accarezzato l'ambizioso progetto di trasferire un corso viareggino a Milano, all'interno della Fiera Campionaria. Le trattative condotte a AARV con i Comune di Milano e l'Ente Fiera furono vanificate dallo scioglimento dell'AARV, decretato dal Prefetto il 13 marzo, conseguente a una collegiale richiesta dei Comuni di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Camaiore.
    1958: Per attenuare i rischi prodotti dal maltempo, il Comitato decise di sconvolgere il calendario di Carnevale. li corso di apertura avvenne la seconda domenica di Carnevale e il corso di chiusura la prima domenica di Quaresima. Per la modifica al calendario, la Parrocchia di Sant'Antonio protestò vivacemente sul bollettino ecclesiastico.
    1959: il Comitato, recepita la protesta della Parrocchia, ripristinò il vecchio calendario col corso di chiusura al Martedì Grasso. corso fu definito "antologico". I costruttori dei carri eseguirono una riproduzione aggiornata, dei carri anteguerra: sei di Alfredo Pardini e due di Antonio D'Arliano.
    1964: Fu riproposto il "Carnevale"a soggetto". Tema: "Il Carnevale nel mondo" coi carri dedicati alle città d'Europa e d'America con una tradizione carnevalesca. il corso fu allungato da Piazza Mazzini fino all'altezza di Via Zanardelli.
    1965: Il secondo corso assunse la denominazione di "Corsodell'Eurovisione", in sintonia con la sigla d'annuncio sugli schermi Rai il prolungamento dell'anno prima, fino all'altezza di Via Zanardelli, fu eliminato. A metà degli Anni Sessanta il Carnevale dette inizio ai corsi di notte con un impianto di illuminazione su una torre e su quattro piloni con riflettori da duemila watts a gelatine colorate.
    1966: Il primo e il terzo corso furono ritardati fino al tramonto e, per la prima volta, i carri, dai colori fosforescenti, furono sciabolati dai fari, determinando uno spettacolo nuovo e spettacolare. L'intero corso fu dotato di un impianto di filodiffusione. In Piazza Mazzini furono montate le tribune per gli spettatori.
    1967: Il corso di chiusura fu riservato alla notte. Fu l'anno della prima "Festa continua" del Martedì grasso: corso, verdetto lo delle giurie, fuochi artificiali.
    1968: Anche il corso della terza domenica fu programmato di notte.
    1971: In Piazza Mazzini fu montata una nuova tribuna davanti alla terrazza a mare, dotata di una pedana-palcoscenico. Due pedane per le orchestre furono collocate all'interno del corso. Fu rinnovato totalmente l'addobbo agli ingressi e fu lanciato il concorso "Balconi e finestre mascherati sul corso". Non ci fu la rispondenza dei residenti, albergatori e privati.
    1973: L'affluenza del pubblico al corso di apertura del Carnevale Centenario fu così numerosa da obbligare il Comitato a spalancare i cancelli, coi botteghini senza più biglietti d'ingresso. Nelle domeniche successive il corso fu prolungato oltre il Royal, all'altezza di Via Carrara.
    1974: L'anno della grande crisi petrolifera il corso rischiò di non essere fatto. Fu ventilato il ritorno del traino coi buoi. Il pericolo fu esorcizzato da un intervento straordinario dei Prefetto che autorizzò l'uso dei trattori.
    1975: il 10 dicembre il Consiglio comunale deliberò di rimuovere la "gabbia"e di abolire l'ingresso ai corsi a pagamento. Il provvedimento fu votato da Pci, Psi, Pdup. I partiti laici si astennero. Dc e Msi votarono contro.
    1976: Nella terza domenica dei corso "aperto", l'affluenza degli spettatori provocò il prolungamento del corso da Via Carrara a Via Zanardelli.
    1977: Il Ministero delle Finanze autorizzò il Comune e, per il Comune, il Comitato Carnevale, a indire un "Concorso a premi" legato alla vendita dei biglietti per le tribune numerate. Fu indetta una "Lotteria nazionale", anticipatrice di sei anni di quella che vedrà i biglietti vincitori abbinati ai carri.
    1978: Terzo e ultimo anno del Carnevale l'aperto". il17 luglio il Consiglio comunale si pronunciò per il ripristino del Carnevale "chiuso". Il ritorno alla "gabbia", al corso transennato e a pagamento, non ebbe oppositori. La delibera comunale del novembre 1978 autorizzò il Comitato a programmare tre corsi "chiusi" e uno "aperto-: l'ultimo, del Martedì Grasso.
    1979: Fu il solo anno con tre corsi a pagamento e l'ultimo ad accesso libero.
    1980: Si tornò alla chiusura totale del circuito dei carri.
    1982: Fu abolito il corso del Martedì Grasso. Il corso "di chiusura- fu riservato alla prima domenica di Quaresima; la motivazione è da ricercare nella possibilità di un maggior incasso. Per i corsi di notte, in virtù dei carri sotto gli effetti dei laser, fu coniato il termine "corsi psichedelici".
    1986: il Comitato Carnevale, all'ultimo corso della sua gestione, volle dare un duplice segno innovatore: assegnò l'incarico a Sergio Baroni e Luigi Renato Verganti di rinnovare gli addobbi e di allestirne di nuovi (Burlamacco e altre maschere nella piazza della stazione; Re Carnevale su un cavallo a dondolo in Piazza Maria Luisa; una goletta di 25 metri in Piazza Mazzini e così via ...) e portò sulla pedana-palcoscenico i grandi show di "Europa Uno-On the road".
    1987: La Fondazione Carnevale ripristinò il calendario dei corsi al periodo naturale dell'anno: tre domeniche e Martedì Grasso.
    1990: La scenografia agli ingressi dei corso fu totalmente rinnovata da Sergio Baroni e Luigi Renato Verlanti che dettero alla facciata dell'Hotel Royal, sede della Fondazione e del "rito"televisivo dell'estrazione dei numeri della Lotteria nazionale, una speciale coreografia; inventarono anche particolari addobbi lungo la Via Mazzini e in Piazza Dante, di fronte alla Stazione ferroviaria.
    1993: Le decorazioni sulla facciata del Royal furono ridisegnate da Sergio Baroni su tema floreale. Le realizzò Giampiero Ghiselli. In Piazza Mazzini fu collocato, come elemento ornamentale, fisso un enorme Re Carnevale assiso in trono; lo realizzò Rossella Disposito. Le tribune furono portate a duemila posti.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:48
     
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    I rioni
    La formazione in Viareggio dei rioni risale all'Ottocento, quando le corporazioni artigiane si raggrupparono nelle Leghe operaie, segnando le zone cittadine a seconda dello sviluppo delle diverse tipologie di lavoro. Su qualche carro di fine secolo è rintracciabile l'esaltazione di alcune attività tipicamente viareggine legate alla cantieristica, ma anche di altre connesse alla fabbricazione del vasellame e della paglia per la quale i Borboni istituirono perfino una scuola. E' soltanto di questo secolo la suddivisione della città in quartieri e l'informazione arriva proprio dal Carnevale. Nel 1949 i carri ebbero un riferimento rionale ed i rioni di Viareggio si chiamarono San Martino, Firenze, Piazzone, Marco Polo, Grillo, Baffini, Quattro venti, Volano, Alceo e Darsena. Oggi la denominazione dei rioni trae l'etimologia o da un antico appellativo del luogo, o dall'ubicazione urbanistica, o da una strada. Le feste rionali dei carnevale iniziarono negli Anni Settanta.
    1970: L'insegna di "Rione pioniere"spetta alla Darsena che programmerà l'anno dopo una grandiosa festa notturna di Carnevale. La molla che fece scattare il programma di un "Carnevale darsenotto" fu l'ubicazione del quartiere portuale sulla riva sinistra del Canale Burlamacca. Gli abitanti, o una cospicua autorevole parte di loro, consideravano il corso mascherato sui viali a mare come una manifestazione della città sulla riva opposta: troppo "lontano" il corso coi carri per l'"altra" Viareggio, la Viareggio del porto! Da tempo, del resto, la Darsena aveva imboccato la strada di contare di più nel contesto della città, con la promozione di gare e feste in estate. Fra l'altro aveva aperto una competizione con Camogli sulla dimensione dei padellone per la frittura del pesce durante una festa all'aperto.
    1971: Il 10 gennaio i rappresentanti del rione ebbero un incontro in Via Saffi con il Comitato Carnevale. Il giorno prescelto per la serata carnevalesca in Darsena fu il Martedì Grasso, dopo il corso di chiusura coi fuochi artificiali e il falò sul litorale. Le due strade longitudinali al Canale Burlamacca, la Via Michele Coppino e la Via Paolo Savi, si riempirono di banchetti gastronomici, di cucine per il pesce, di botti coi vino da spillare, di pedane con le orchestre; ci furono una sfilata di carri e mascherate che partì dalla piazza della stazione vecchia e un concorso denominato "Balconi folli", cui presero parte tutte le abitazioni sulle due strade della festa; una marea di gente mangiò, bevve, ballò fino a notte inoltrata. A ll'indomani della prima festa rionale in Darsena, il Comitato elogiò ufficialmente "L'ammirevole spirito d'iniziativa degli organizzatori" per "la realizzazione di un progetto da lungo tempo allo studio ed esaltò il significato genuino di u festa interprete del Carnevale, nato e sostenuto dal popolo. Alla faccia della retorica! Fu comunque il segno che la festa di Darsena avrebbe avuto il sostegno del Comitato. E non solo quella. Il Comitato, infatti, sollecitò altre zone cittadine a darsi una connotazione rionale e ad imitare la Darsena.
    1972: L'invito dei Comitato fu accolto da Rione Vecchia Viareggio, attraversato dalla Via Regia, dove, quasi un secolo prima, nacquero i corsi mascherati. Le serate rionali fu rotto quattro, perché la Darsena ne programmò tre consecutive, dalla domenica al Martedì Grasso; la Vecchia Viareggio scelse la sera del Giovedì Grasso, riservando il pomeriggio a una festa per i ragazzi sotto la Torre Matilde. La Darsena per la sua "trettrè" coniò il nome di " Carnevaldarsena" e dal sostantivo rione estrasse la radice "rio" per inventare una sorta di Carnevale carioca. Sostituì, fra l'altro, i nomi delle strade come Via Coppino, Via Savi, ecc... con altri, tipo Avenida Buonumore, Avenida Allegria, ecc 1973: Nell'anno del Centenario i rioni salirono a cinque. Alla Darsena e alla Vecchia Viareggio si aggiunsero il Centro, il Marco Polo, la Cittadella. Quest'ultimo, per celebrare i cento anni di Carnevale, consegnò a tutti i carristi una medaglia d'oro.
    1974: Il rione Cittadella, compreso nella zona oltre l'Aurelia, prossima ai capannoni, fu assorbito dal Rione Marco Polo. Anche Torre promosse una serata di Carnevale, inserendosi così nel programma delle feste rionali.
    1975: Annunciarono serate di festa anche i Rioni "LaBuriana" e "IQuattro Venti", scegliendo di collocare il centro della festa, "La Buriana", all'incrocio di Via Leopardi e Via Rosmini, "IQuattro venti", all'incrocio di Via Leonardo e Via Fratti. Con il Terminetto i rioni salirano a otto. Le feste di Darsena furono disturbate da alcune esplosioni. La sera del 12 febbraio due bombe deflagrarono nelle vicinanze della Canottieri Berchielli, all'angolo di Via Coppino con la Via Menini. Un terzo botto fu udito dalle parti del Marco Polo: un ordigno era esploso nella Pineta di Ponente. In effetti fu l'intero Carnevale ad essere molestato dalle bombe: davanti alla sede di alcuni partiti di sinistra, nei pressi delle abitazioni di due esponenti politici, all'interno di una cabina del telefono. La città fu turbata anche da un volantinaggio notturno, firmato "OrdineNuovo".
    1976: I Rioni "La Buriana" e "I Quattro venti" non programmarono la festa e il Terminetto fu sostituito, meglio fu assorbito, dalla Migliarina. Sei quindi i rioni, ma ciascuno con almeno due serate.
    1977: Spuntò il Rione Mare (Passeggiata). Si risvegliarono "LaBuriana" e "IQuattro Venti". Ci fu una vera esplosione di feste; ogni rione, a parte la Darsena, che dal 1972 continuò a programmare la "trettrè" mise in calendario due serate.
    1978: Fu l'ultimo anno de "LaBuriana". In totale le serate rionali furono diciassette! 1981: Con il Varignano e il Comparini i rioni salirono a dieci e le feste serali furono una ventina; in pratica coprirono tutto il periodo del Carnevale, dalla domenica di apertura al Martedì grasso.
    1982: I dieci rioni viareggini formarono una squadra di calcio, che li rappresentò in un incontro allo Stadio dei Pini contro la Nazionale cantanti. La Rappresentativa dei Rioni vinse per 3 a 1. Toccato il vertice della partecipazione dei rioni alle feste serali nel 1983, l'anno dopo ebbe inizio la parabola discendente.
    1984: Il primo forfait venne dalla Migliarina.
    1985: Sparì il Rione "I Quattro Venti" e tornò a programmare una serata il Rione Migliarina.
    1986: La Migliarina scomparve di nuovo e rinunciò alla festa anche il Rione Comparini.
    1987: La Croce Verde organizzò una festa serale in sostituzione dei Rione Centro.
    1988: Si ritirò anche il Rione Mare.
    1989: Il Rione Varignano fu l'ultimo della periferia ad abolire la festa serale.
    1990: I rioni superstiti furono la Darsena, la Vecchia Viareggio, il Marco Polo. Più Torre del Lago. Più la Croce Verde. Il Rione Darsena programmò quattro serate per festeggiare il Ventennale.
    1991: Soltanto il Rione Darsena continuò a programmare le serate di Carnevale: quattro, come l'anno prima. La Migliarina, fuori gioco per le feste rionali, si propose per organizzare un pomeriggio dedicato al Carnevale dei ragazzi il Giovedì Grasso.
    1992: Uscì dal calendario delle feste rionali anche la Darsena. Dopo più di un ventennio fu il primo anno senza il Carnevale dei rioni. Le feste rionali furono surrogate dalla Fondazione con un programma di balli in piazza, organizzati dalla Videomusic. Dopo Carnevale i rioni, per poter affrontare con la Fondazione un discorso di riorganizzazione delle feste serali, si riunirono in un organismo denominato "Assorioni". A presiederlo fu chiamato Alessandro Torcigliani.
    1993: L'Assorioni- raggiunse un'intesa con il Commissario regionale della Fondazione per programmare dieci feste serali: quattro, promosse dalla Darsena, e due ciascuno dalla Vecchia Viareggio, dal Marco Polo e dalla Croce Verde. In vista del Carnevale 1994 il presidente Torcigliani lasciò il ruolo a Maurizio Giani.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:51
     
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    I veglioni
    I balli di Carnevale precedono di gran lunga la nascita dei corso delle carrozze in Via Regia del 1873. Nei locali pubblici, come il Teatro Pacini, il Regio Casinò; ma anche nelle abitazioni. Ambiti i ricevimenti lussuosi nei palazzi lucchesi di Via Regia. Nel bel mezzo dei veglioni al Pacini e al Casinò - cenone a mezzanotte con champagne e gran turbinio di coriandoli e stelle filanti, cotillon per le signore e quadriglia finale all'alba - si svolgevano i concorsi a premio delle maschere. Il Casinò fu illuminato elettricamente nel 1899; nel 1900 centinaia di lampadine multicolori accesero a Capodanno il primo veglione del Secolo Ventesimo al Teatro Pacini.
    1921: dopo la prima guerra mondiale ai veglioni di Carnevale tornarono ad aprirsi e il Teatro Pacini e il Regio Casinò. Ma altri ritrovi si aggiunsero: il Margherita, segnalato come "Cafè chantant", il Principe di Piemonte, indicato sulle locandine come "ex Select" e i grandi alberghi Kursaal, Royal, Regina, Imperiale, Esplanade, Astor, Plaza. I veglioni di maggior prestigio e lusso furono promossi dal Comitato all'inizio e al termine del Carnevale e si chiamarono "Di apertura" e "Di chiusura".
    1925: una speciale seduzione fu esercitata dai veglioni di colore: alle donne era tassativamente richiesto un abito dalle tinte indicate;A di rigore lo smoking per gli uomini. Addobbi, coriandoli, stelle filanti... nei colori prescritti. La serie fu aperta dal Veglione verde-giada con guarnizione bianca al Kursaal.
    1926: veglione ciclamino con guarnizione bianca al Teatro Politeama, che riaprì le porte dopo un'accurata restaurazione.
    1927: veglione rosso-rosolaccio con guarnizione oro al Royal.
    1928: veglione blu-amaranto con guarnizione rosso-geranio al Casinò.
    1929: veglione giallo-tiglio con guarnizione blu-oltremare al Regina.
    1930: veglione lilla con guarnizione argento al Margherita.
    1931: i veglioni di colore furono sostituiti dai "Veglioni del fiore" e il locale che iniziò ad avere uno speciale successo nella programmazione dei Veglioni di Carnevale fu "Da Poldo", caffè di classe sulla Passeggiata.
    1932: anche i Veglioni in costume ebbero gran notorietà. Li lanciò il Margherita con il "Ballo incipriato del Settecento".
    1933: il Margherita indisse il Veglione dell'Ottocento. Lì NUF, Nucleo Universitario Fascista, iniziò la serie delle "Notti Goliardiche" all'Imperiale, poi continuate al Kursaal.
    1934: "Ballo del Novecento" al Margherita. Il Kursaal, oltre a "."Notte goliardica" programmò un singolare veglione chiamato "Bocche ardenti".
    1935: il Margherita iniziò una collana di Veglioni intitolata "Della felicità", interrotta dall'assenza di feste dei Carnevale nel 1936 a causa della guerra in Etiopia.
    1937: riprese la serie dei Veglioni di colore negli alberghi col Veglione viola-argento all'Esplanade. Al Margherita: veglione della spensieratezza.
    1938: veglione verde-oro al Kursaal e Veglione dell'allegria al Margherita.
    1939: veglione viola-purpureo al Principe e "Veglione del dolce sognar" al Margherita.
    1940: Ultimo Carnevale anteguerra e ultimi veglioni. Al Margherita: "Veglione della pioggia d'oro" e Grande Veglia al Casinò, evidentemente non più circolo esclusivo, intitolata "Il popolo danzante". Con il dopoguerra e il ritorno al Carne vale e ai corsi mascherati riprese la programmazione dei veglioni secondo le caratteristiche del passato: uomini in smoking, donne in abito da sera lungo. Non a tutti. Soltanto a quelli che il Comitato considerò -ufficiali-.
    1946: il primo veglione del dopoguerra, "Di apertura" ovviamente, fu programmato al Royal. Il Principe di Piemonte, sede del Nuovo Casinò, dette la stura ai Veglioni di colore. Il primo: veglione verde-oro, connubio di tinte da tempio del gioco. Negli anni successivi seguirono i Veglioni Nero-azzurro-oro, Nero-rosso-oro, Grigio-rosa-nero, Turchese-nero-argento e via dicendo... fino al Bianco-nero (1956) veglione promosso dall'A.S. Viareggio-calcio.
    1949: da ricordare il Veglione "Stelle e Divi del Cinema", dedicato ai sosia degli attori cinematografici; fu sponsorizzato dal giornale "Il Resto del Carlino".
    1950: fu il triangolo Royal-Kursaal-Casinò ad accogliere i veglioni ufficiali del Carnevale, patrocinati cioè dal Comitato. Fra i veglioni di maggior presa, ricercatezza e durata, si affermarono i Veglioni della Stampa, della Croce Rossa, dello Sci d'oro, dell'Automobile, degli Studenti, dei Commercianti, dei Lions, degli Albergatori e altri come il Veglione della Moda, della Meraviglia.
    1953: l'organizzazione dei veglioni ufficiali del Comitato, al Royal, fu curata dalla direzione della Capannina di Franceschi.
    1954: sempre per l'organizzazione della Capannina del Forte i veglioni ufficiali furono distribuiti fra il Royal e il Casinò.
    1955: l'organizzazione fu assunta da Sergio Bernardini e i veglioni furono trasferiti al Continental (ex Explanade), dove fu indetto il Veglione del Cinema con la presenza di Sofia Loren eletta "Regina del Cinema e del Carnevale".
    1956: Sergio Bernardini riportò i veglioni, parte al Casinò e parte al Royal. Al Prìncipe-Casinò intervenne Gina Lollobrigida anche lei proclamata "Regina del Cinema e del Carnevale".
    1957: l'organizzazione dei veglioni ufficiali passò da Sergio Bernardini ad Alfredo Beneforti, proprietario del Caprice.
    1958: le redini dell'organizzazione dei veglioni tornarono nelle mani di Sergio Bernardini. Anche nell'anno successivo.
    1960: il Principe divenne, negli Anni Sessanta, la sede privilegiata del Comitato per i veglioni ufficiali, anche se non sempre, e l'organizzazione fu curata dagli stessi gestori dello stabilimento balneare, Martino Carboncini e Alfredo Montaresi.
    1962: il Comitato programmò i veglioni ufficiali nel Galeone Santa Monica, un antico barcone dall'aspetto piratesco, ancorato all'interno del porto, lungo il molo di levante.
    1964: i Veglioni ufficiali furono accolti nel salone del Club Nautico, dove aveva sede il Circolo della Stampa.
    1968: lo Show-boat "Versilia", in navigazione fra i canali che collegano il porto-canale col Lago di Massaciuccoli, divenne la sede dei veglioni indetti dal Comitato. Oltre ai veglioni ufficiali negli Anni Sessanta ne furono programmati moltissimi a carattere popolare, dalla Croce Verde, dalla Federazione del Pci, all'Eden, al Maestoso. Numerosi furono anche i locali non viareggini coinvolti nella programmazione dei veglioni di Carnevale. Fra i tanti: il Gancino-Rendez-vous di Stiava, la Bussola, il Carillon, l'Eur-hotel, il Sea-horse, il Tartaruga, la Caravella...
    1970: fin dalla prima festa rionale in Darsena fu avvertito l'inizio di una crisi nella programmazione dei veglioni. Mano mano che aumentarono le serate nei rioni, diminuirono i veglioni. Continuò, comunque, la programmazione al Principe dei veglioni "D'apertura" e "Di chiusura" del Comitato.
    1981: Nella programmazione dei veglioni dei Comitato, Anni Settanta e Ottanta, s'inserì un'eccezione: al Teatro Eden.
    1987: con l'avvento della Fondazione Carnevale, i veglioni ufficiali tornarono a dividersi fra il Principe e il Royal. L'organizzazione, straordinaria, anche perché non ebbe seguito, fu assunta da Sergio Bernardini che restituì ai veglioni la presenza d'alcuni personaggi famosi come Roberto Benigni, Lorella Cuccarini, Beppe Grillo, Peppino Di Capri.
    1990: la programmazione dei veglioni, ufficiali e non ufficiali, non fu inserita nel calendario del Carnevale. Lo stesso accadde l'anno seguente.
    1992: ritorno dei veglioni al Principe e, fuori di Viareggio, al Cavalluccio Marino di Lido di Camaiore.
    1993: tutti i veglioni segnalati dal Comitato si svolsero fuori Viareggio: al Cavalluccio di Lido di Camaiore, alla Bussola, al Faruk, alla Canniccia, al Victoria di Marina di Pietrasanta. Il più affollato alla Bussola, con la partecipazione di Alba Parietti.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:53
     
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    I carri
    Dal corso delle carrozze del 1873 in Via Regia, prima di arrivare al corso dei carri allegorici, passò un decennio.
    1883: il prototipo dei carri allegorici s'intitolò "I quattro mori" e fu costruito dal personale della Regia Marina, Distaccamento di Viareggio. Fu la fedele riproduzione in scala, minore ma non di troppo, del monumento livornese a Ferdinando II con i quattro schiavi alla base, opera di Pietro Tacca. Fu realizzato con gesso, scagliola e colla e fu trasportato in Via Regia su un pianale del marmo, noleggiato a Pietrasanta, insieme con dei buoi coperti da una gualdrappa. Il bozzetto è conservato al Centro Documentario Storico Comunale.
    1885: Al Centro Storico sono visibili anche i bozzetti dei carri "Il trionfo dei fiammiferi" e "Il trionfo della bicicletta", costruiti per esaltare due novità del tempo: gli "svedesi" al fosforo e il biciclo con moltiplica e pedali.
    1887: Al famoso maestro d'ascia viareggino Natino Celli fu commissionato un carro elettorale dal candidato al Parlamento nel Circondario di Pietrasanta, Vito Camillo Ventura Messía de Prado, principe di Carovigno: un triestino eccentrico, giunto a Viareggio alla ricerca di fortune politiche. Natino, coadiuvato dalle maestranze del suo cantiere, costruì una torre dalla cui sommità le maschere gettavano sulla folla monete di cartone argentato. Il Carovigno, con la trovata pubblicitaria del carro elettorale, divenne deputato, ma non fu ammesso in Parlamento per l'età inferiore ai trent'anni. Col carro politico del Carovigno, in Via Regìa sfilarono altri due carri, secondo il ricordo che Raffaello Celli, figlio di Natino, ha affidato al libro "Conl'ascia e con la vela". Le Officine Estensi costruirono un treno, "vero" in tutto, fuor che nelle proporzioni; la Fabbrica dei Laveggiai montò un bancone con due torni a pedali e delle tinozze per l'impasto. Una carrozza trasportò in corso tre pescatori con la lenza; nell'amo, un salacchino per far "abboccare" la gente. Titolo "La pesca degl'imbecilli". Fortunato Celli ha lasciato questa testimonianza sul modo di allestire carrozze e carri in Via Regìa: "Lo scopo era di alludere e mettere in risalto e in ridicolo qualche personaggio che teneva le redini del paese, per primo il sindaco".
    1899: Dell'ultimo anno del secolo scorso esiste traccia di un carro di natura politica, intitolato "L'alleanza italo-francese". Fu una satira diretta a colpire il furbastro rapporto tra Italia e Francia sulla navigazione nel Mediterraneo, malgrado gli opposti fronti di intesa e alleanza in Europa.
    1900: Nel primo corso mascherato del nuovo secolo i carri politici furono due. I titoli: "Il disarmo" e "Le topiche del Governo in Cina". Col primo, si puntò a colpire il neocolonialismo in Asia dopo l'abbandono di quello in Africa; col secondo, la partecipazione italiana, con gli stati colosso d'Europa, alla guerra contro la Cina, a fianco della Russia. Lo stesso anno fu allestito un carro chiamato "Carro-réclame" che illustrava la sfida lanciata da Viareggio a Nizza per il Carnevale e per la balneazione. Abbandonata la Via Regia, il corso si trasferì sul Viale Margherita nel 1905.
    1905: Protagoniste del corso sui Viali a mare furono le automobili. Alla guida di una berlina, trainata da un asino, c'era una donna. Titolo: "Lasignora al volante". Significato: "Donna al volante, pericolo costante". Fra le automobili e le carrozze, tre i carri raffiguranti un cocchio romano, una palma, il profilo delle Apuane. I carri di gesso e di scagliola sui pianali pietrasantini tirati da una o più coppie di buoi, s'ispirarono alla scultura neoclassica di moda agli inizi del Novecento. Nella costruzione si cimentarono scultori anche di prestigio. Qualche nome: Mario Norfini di Firenze, Giovanni Lombardi di Milano, Raffaello Tolomei e Domenico Ghiselli, versiliesi. Di massima, il costruttore forgiava uno scheletro di cannicci e fil di ferro che poi ricopriva di iuta e di carta impastate nel gesso e nella scagliola. Ne usciva un impasto da modellare. Il prodotto risultava pesante. Questa sorta di "monumenti" riflettevano solitamente un'ispirazione mitologica esagerata, spesso carica più di retorica che di ironia. Alcuni bozzetti di questi carri sono conservati al Centro Storico Comunale.
    1906: "Il trionfo del Carnevale" e "La dea dei fiori".
    1907: "Il trionfo dell'agricoltura".
    1908: "La bellezza vince la forza".
    1909: Il carro "I burattini meccanici" è il primo esempio, per quanto la documentazione tramanda, di costruzione animata. Si presentò in corso come una composizione di maschere statiche che, al segnale di un campanello, si animava a scatti come un complesso di robot. Altro suono, altro stop e così via... L'ideatore fu Giuseppe Giorgi, soprannominato Noce.
    1910: Si conosce il bozzetto del carro: "La coppa dei fiori".
    1911: Del corso esiste al Centro Storico la documentazione relativa ad almeno sette carri. Al carro "Il trionfo della vita" dello scultore Domenico Ghiselli fornì un contributo anche il pittore Lorenzo Viani con un bassorilievo sui quattro lati del pianale.
    Dopo la prima guerra mondiale, il corso mantenne un legame con gli antichi carri -monumentali", affidando, per il primo corso del 1921, allo scultore Lelio De Ranieri la composizione di un Nettuno ai remi di un patino.
    1921: Il carro-evento fu portato in corso dal Noce e la grande sorpresa fu l'orchestra, indispensabile ad un ballo nell'aia per le nozze di un contadino lucchese. Il titolo: "Le nozze d'oro di Tonin di Burio alla corte del Pinaccio in quel di Lambari".
    1923: Arrivò in corso il primo mascherone movimentato. Due occhi, tolti a una bambola, rotearono nel volto di un Pierrot, costruito da Umberto Gianpieri.
    1924: Fu scoperta la carta a calco per la realizzazione dei mascheroni. Una lunga serie di esperimenti negativi precedette l'invenzione. La carta, molto spessa, utilizzata sulle forme di creta, non reggeva all'essìcazione: cedeva, crepava, si sbriciolava. La prima mossa azzeccata fu il rivestimento di gesso sulle forme di creta; lo strato di gesso, rappreso, si staccò con facilità e formò uno stampo al negativo. La seconda mossa fu la scelta della carta di giornale, da incollare a strati all'interno degli stampi di gesso. La terza fu l'essicazione lenta, su dei bracieri, della carta "calcata" strato dopo strato. Il risultato fu una forma di carta sonante, leggera, solida. Non restò che assemblare i pezzi ricavati per ottenere la riproduzione del modello di creta.
    1925: Il primo carro coi mascheroni di carta a calco fu "I tre cavalieri del Carnevale" dì Antonio D'Arliano.
    1927: Irruppero in corso le cavalcate di... indiani, cosacchi, ussari, butteri. Le cavalcate furono riprese anche nel 1928 e nel 1929.
    Con l'avvento della carta a calco, i carri aumentarono di mole. Il dinamismo dei mascheroni derivava, ed ancor oggi scaturisce, dalla inventività di una meccanica povera, fatta di leve, pulegge, carrucole, ruote, guide a coulisse, molle, molloni, elastici, tiranti, giunti, martinetti, argani, snodi cardanici, forcelle, pistoni ed ogni altro marchingegno rudimentale per delle manovre a braccia. I carri al loro interno celano una folla di operatori che agisce a tempo di musica, imprimendo un ritmo ai gesti, i guizzi, i sussulti dei mascheroni. Il tutto al comando dei costruttore-regista, che usa dei fischietti, dei campanelli e, da ultimo, i walkie-talkie. Dentro ogni carro rivive l'antico cantiere marittimo degli alberai, bozzellai, falegnami, fabbri che forniva alle velature il trinchetto, la mezzana, la maestra, i pennoni, le mazze, i picchi, i bompressi, le scocche, i bracci. Motorizzazione, elettronica, telematica sono rifiutate dai costruttori e nel ventre dei carri si perpetua l'impegno inventivo che dette alla marineria viareggina i barcobestia. Nei capannoni, del resto, si fa largo uso della terminologia marinara; il carro è suddiviso in poppa e prua e gli spazi son chiamati plancia, coperta, ponte, coffa. La portata dei carri è misurata a stazze e il loro movimento agli orecchi dei costruttori è beccheggio, rollio, scarroccio; i carri virano, ormeggiano, vanno in alaggio e la loro uscita dai capannoni è il varo. Ciurma è definita la gente che assicura al carro i movimenti, le luci, i suoni.
    1930: Il carro "Il prestigiatore" di Antonio D'Arliano portò la novità dei colori cangianti della carta a calco. Di colpo: da rosso-oro a verde-oro. Testimonianza di D'Arliano: "La ciurma era più numerosa delle maschere esterne".
    1934: Cinque carri furono costruiti su commissione dall'OND, sezioni di Lucca, Pisa, Livorno, Arezzo, Firenze.
    1935: Il carro "Il cavallo di Troia", costruito dall'OND, sostituì la carta a calco col legno compensato, realizzando forme cubiste sotto la suggestione dell'arte futurista in voga. L'ultimo posto in classifica del carro sconsigliò, in futuro, i costruttori a usare materiali diversi dalla carta a calco. Del resto, per disposizione del Comitato, la carta a calco sui carri divenne materiale d'obbligo.
    1937: Il carro "Il Decamerone" di Guido Lippi, ideato da Uberto Bonetti, rappresentò il Carnevale d'Italia al Carnevale internazionale di Monaco di Baviera. Su quattordici carri piccoli, dieci trattarono un tema infantile e furono detti "Lillipuziani".
    1940: All'ultimo corso anteguerra presero parte coi carri grandi Alfredo Pardini col fratello Michele, Antonio D'Arliano, Carlo e Francesco Francesconi, Guido Lippi, Michelangelo Marcucci, Rolando Morescalchi. Negli Anni Venti e Trenta, i carri grandi furono costruiti anche da Guido Baroni, Michele Pescaglini, Alighiero Cattani, tanto per ricordare i più impegnati. Col ritorno del corso mascherato nel dopoguerra i carri riadottarono la tecnica della carta a calco.
    1946: Non tutti i costruttori degli Anni Trenta furono in grado di rispondere all'appello del primo corso mascherato del dopoguerra. Ne arrivarono di nuovi: Ademaro Musetti, Nilo Lenci, Sergio Baroni, matricole che lasceranno un segno...
    1947: Due carri, "Il teatro della vita" e "Saggio governo", furono firmati rispettivamente da Renato Santini ed Eugenio Pardini, che, lasciati i capannoni del Carnevale, trarranno dalla pittura sostentamento e successo. Come Alfredo Catarsini, Danilo Di Prete che aveva firmato un carro grande l'anno prima. In Brasile Di Prete raggiungerà una grande fama.
    1948: Alfredo Morescalchi costruì l'iniziale "Complesso di apertura". Sergio Baroni realizzò il suo primo carro da solo; Carlo Bomberini pure.
    1949: Da cinque dei triennio precedente, i carri balzarono a dieci e ognuno fu "adottato" da un rione. Fra i nuovi costruttori destinati a dare al Carnevale molti carri grandi, si presentarono Carlo Vannucci, Fabio Romani e soprattutto Silvano Avanzini e Arnaldo Galli, in coppia.
    1950: Fu costituito il duo Francesconi-Barsella (Carlo Francesconi e Sergio Barsella) costruttore, fino al 1974, di grandi carri di successo.
    1951: Si separò la coppia Avanzini-Galli. Avanzini scelse come partner Francesco Francesconi. Si formarono anche le coppie Musetti-Pardini (Ademaro Musetti e Michele Pardini) e Vannucci-Bertuccelli (Carlo Vannucci e Sandro Bertuccelli). La prima durò fino al 1958; la seconda fino al 1960.
    1952: Fra i costruttori dei grandi carri apparve Beppe Domenici.
    1953: Si formò la coppia Domenici-Galli (Beppe Domenici-Arnaldo Galli) che lavorò solo per un anno.
    1954: A operare con Renato Santini entrò la coppia Lenci-Palmerini (Nilo Lenei e Giulio Palmerini), che poi si rese autonoma. I carri piccoli furono trasformati in complessi: articolazione di più strutture su uno stesso tema.
    1956: "Tempodi mambo" fu l'ultimo carro di Renato Santini; s'ispirò al ballo di Sofia Loren l'anno prima all'Esplanade.
    1958: Il primo carro costruito da solo da Silvano Avanzini fu "Anche laggiù". Ademaro Musetti pure realizzò, per la prima volta da sè un carro: "Carnevale si pavoneggia".
    1959: Alfredo Pardini, con il carro "La danza delle ore", portò in corso un orologio a colori cangianti. Due carri dell'anno prima, "Miss Universo" di Antonio D'Arliano e "L'allegro satellite" di Lenci-Palmerini rappresentarono l'Italia a Estoril in Portogallo in una Triangolare di carri carnevaleschi Portogallo-Spagna-ltalia. Si piazzarono al primo e al secondo posto davanti a un carro spagnolo progettato da Salvator Dalì. Con gli Anni Sessanta il Comitato Carnevale, in accordo con l'Avac, Associazione dei costruttori, introdusse nella classifica dei carri il meccanismo di passaggio di categoria dei costruttori: promozione dai piccoli ai grandi carri, retrocessione dai grandi ai piccoli carri. Il metodo adottato fu quello applicato alle serie dei Campionato di calcio. Al termine di un biennio, la somma di due punteggi avrebbe determinato i promossi e i retrocessi.
    1960: La morte in gennaio di Fred Buscaglione mandò a monte l'allestimento del carro "Eri piccola" di Lenei-Palmerini. La coppia confezionò a tempo di record il carro "Hello Jolm!".
    1961: Nilo Lenci iniziò a costruire i carri da solo. La classifica biennale dei complessi fu vinta da Arnaldo Galli, che acquisì il diritto di costruire un carro. Di contro, la retrocessione investì Nilo Lenci, che impugnò la prima classifica del biennio, invocando, come attenuante, la circostanza che lo aveva costretto a realizzare "Hello John!", finito all'ultimo posto.
    1962: Il numero dei carri fu portato da otto a nove: nella prima categoria restò Nilo Lenci ed entrò Arnaldo Galli.
    1963: Il primo premio dei grandi carri non fu assegnato. Il secondo in classifica "Le scimmie stanno a guardare" di Arnaldo Galli fu il primo, in assoluto, a essere costruito su due piani, completamente libero delle masse voluminose dette "paretoni". Col carro 'Fatiche mie venitemi dietro" Alfredo Pardini si congedò dal Carnevale.
    1964: A lasciare il Carnevale fu la volta di Antonio D'Arliano; il suo ultimo carro, "La... casta azzurra" fu dedicato a Nizza, nel contesto dei corso a tema unico, "Il Carnevale nel mondo", per cui ogni carro illustrò una città nota per le feste di Carnevale. Per effetto della classifica biennale, Renato Galli, fratello di Arnaldo, costruì il primo carro grande. Non ci furono retrocessioni. Silvano Avanzini dette forfait e i carri da dieci ritornarono a otto, uno per capannone. I complessi furono trasformati in "corteggi" di supporto ai carri grandi.
    1965: Al candidato alla promozione, Giovanni Lazzarini, fu negato un capannone. Col rientro di Silvano Avanzini, l'AVAC difese l'equazione otto carri, otto capannoni. Con l'abbandono di Alfredo Pardini e di Antonio D'Arliano, i due "grandi" dei Carnevale che avevano diviso la città su due fronti di passionale tifoseria, si aprì fra gli epigoni la corsa a subentrare nelle simpatie dei Viareggini.
    1966: A compenso dell'impossibilità di costruire un grande carro, il Comitato assegnò a Giovanni Lazzarini il compito di realizzare un complesso speciale fuori concorso, "Donne e motori". Il risultato straordinario raggiunto dal Lazzarini aprì la concezione del tutto innovativa di portare in corso un'allegoria carnevalesca, composta da una "collana" di piccoli carri per un soggetto unico.
    1967: Cadde l'opposizione dell'Avac ad aumentare il numero dei carri, che salirono a nove dopo che l'Aarv, d'intesa col Comitato, inviò ai costruttori un'ingiunzione di sfratto a seguito della liberalizzazione del concorso per i carri. Fra i non associati all'Avac ottenne il benestare la domanda di Beppe Domenici. Al nono carro furono sacrificati quattro complessi. Il Domenici, durante la lavorazione, per l'obbligo di rispettare un impegno all'estero, lasciò che il carro "Premio Nobel per la pace", fosse terminato dalla moglie Ivana Barsotti. Alla "prima donna" costruttrice di un carro dette una mano il "pensionato"D'Arliano.
    1968: Fra i costruttori dei grandi carri entrò Giovanni Lazzarini affiancato da Oreste Lazzari e le costruzioni salirono a dieci. Il meccanísmo della promozione e della retrocessione fu rispettato a metà.
    1969: Con la coppia Barsella-Pardini (Davino Barsella e Valeriano Pardini) e con la coppia Malfatti-Mallegni (Fabio Malfatti e Amedeo Mallegni), i carri salirono a dodici. Non furono costruiti i complessi. Alfredo Morescalchi dette l'addio ai corsi mascherati con l'ultimo carro di apertura "Bacco, tabacco e Venere".
    1970: Dieci i carri; nessun complesso. La coppia Barsella-Pardini sparì; la coppia Malfatti-Mallegni costruì il complesso dì apertura. In corso fece apparizione un carro "double-face". Anzi due: "Il mondo cambierà" di Sergio Baroni, "Mache tempo fa" di Arnaldo Galli. Furono i primi carri ad assumere due aspetti con un mutamento improvviso: il carro del Galli passava da un uragano a un solleone; il carro del Baroni o mutava un mostro in una fanciulla. La coppia Lazzarini-Lazzari con "Arriva Mao" inaugurò un modo nuovo di foggiare la figura centrale: un gattone rosso, non di carta a calco, ma di pelliccia.
    1971: Nove i carri. Non lo costruì Beppe Domenici a seguito di una vertenza che lo vide protagonista. Comitato, Comune e Aarv avevano deliberato di riprendersi i capannoni a per provvedere a un ampliamento e a una ridistribuzione degli spazi. Dopo una lunga lotta i costruttori dell'Avac avevano aderito alla richiesta; l'indipendente Domenici no. Diffidato dall'ufficiale giudiziario, cedette e dopo strenua resistenza, pretendendo che l'atto di restituzione delle chiavi avvenisse dopo il ritorno in suo possesso del bozzetto. a Ancora niente complessi. Ci furono quello di apertura di Amedeo Mallegni e uno fuori concorso di Davino Barsella.
    1972: Giovanni Lazzarini firmò da solo la costruzione del carro "Avantipopolo". Fu ripresa la costruzione dei complessi.a er i cento anni di Carnevale il Comitato accolse la proposta del costruttore Arnaldo Galli di un supercarro. Non fu facile ottenere il consenso dell'Avac. Furono nove i firmatari di una protesta, "Seguiremo il carrettone come si va a un funerale", ma alla fine prevalse la voglia di un "bel Carnevale centenario".
    1973: Il supercarro di Arnaldo Galli fu una bomba-missile di 20 metri, diametro massimo 6 metri, 35 tonnellate di peso. Portò fra i carri la scomposizione simultanea: fatto di anelli rotanti, l'ordigno s'apriva a destra e a sinistra per ritornare a ricomporsi più e più volte.
    1974: Iniziò la serie dei carri rievocativi del Rione "Vecchia Viareggio". Col carro "La battaglia di carta", Sergio Baroni infranse la consuetudine della modellatura a volumi, utilizzando materiale diverso dalla carta a calco. "Giungla erotica" fu l'ultimo carro grande della coppia Francesconi-Barsella. Sergio Barsella l'anno dopo passerà ai complessi, dove lavorerà fino al 1980. Tre carri, "Conigli coraggiosi- di Arnaldo Galli, "Carnevale con furore" di Renato Galli e "La piovra" di Giovanni Lazzarini, salparono su una nave da Livorno per Valencia in Venezuela, dove parteciparono all'annuale "Feria d'ottobre".
    1975: Con l'uscita di scena del duo Francesconi-Barsella, i costruttori dei grandi carri tornarono a essere otto. Come i baracconi. Fu ripresa la costruzione dei carri piccoli al posto dei complessi e i carri furono chiamati di prima e di seconda categoria.
    1976: "Carnevaleal Ddt" fu l'ultimo carro di Giovanni Lazzarini. Anche Ademaro Musetti costruì il suo carro finale: "Continenti e pupazzi".
    1977: Fra i costruttori dei grandi carri arrivarono Raffaello Giunta e Luigi Renato Verlanti. Sergio Baroni costruì un carro consistente in una figura di Re Carnevale alta 14 metri; sembrava procedere a piedi; a sospingerla era il trattore nascosto sotto il manto regale.
    1978: Fece ritorno il complesso di apertura; lo costruirono Paolo Lazzari e Guidubaldo Francesconi. Nilo Lenci realizzò un carro su bozzetto del pittore Antonio Possenti; per la prima volta un costruttore di carri accettò di lavorare su un'idea di un artista famoso. "Vincere le paure" fu il titolo. "I gattacci" fu l'ultimo carro che Sergio Baroni costruì da solo.
    1979: Ritornò sulle scene del corso mascherato Beppe Domenici con il complesso di apertura e vi restò un triennio. Sergio Baroni non fu rimpiazzato e i carri furono sette. Fatto inusitato: la giuria dopo il terzo posto assegnò l'ex aequo a quattro carri. Fu affrontato un esperimento rimasto fine a se stesso, il "Gruppo": un carro piccolo e una mascherata su un tema unico. Fece apparizione in corso la prima costruzione degli allievi della "Scuoladella cartapesta": "Carnevale e Quaresima", un complesso.
    1980: Il costruttore Renato Galli chiese l'esonero di un anno per malattia e i carri furono appena sei. Il carro "Vieni, vieni anche tu" di Luigi Renato Verlanti presentò due grosse novità. Inglobò il trattore nascondendolo alla vista degli spettatori e consentì, attraverso due passaggi laterali, l'accesso del pubblico all'interno del carro. Esordì, come costruttrice di un complesso la coppia Gilbert Lebigre e Corinne Roger: due francesi attratti dalla carta a calco, esperti modellatori alla ricerca di nuove conoscenze.
    1981: Il Comitato rimosse il meccanismo della promozione e della retrocessione, praticamente mai attuato. Sergio Baroni tornò a costruire un carro, anzi due, al fianco di Luigi Renato Verlanti. Il duo Baroni-Verlanti introdusse sul carro "Burlamik" il sistema idraulico di sollevamento, novità assoIuta nella meccanica dei carri. Anche Nilo Lenci riprese a lavorare in coppia con Giulio Palmerini.
    1982: Si tornò al supercarro. Anzi a due, costruiti da Arnaldo Galli e dal duo BaroniVerlanti, autore anche del complesso di apertura. I carri di prima categoria furono solo cinque e a sostituire Silvano Avanzini (ammalato con certificato medico, secondo il Comitato; per insofferenza alla censura, stando alla stampa) fu chiamata la coppia Barsella Canova (Davino Barsella ed Eros Canova), che non andò oltre questa esperienza.
    1983: I carri furono nuovamente otto coi rientro di Silvano Avanzini e l'esordio di Paolo Lazzari. L'ottavo fu il supercarro "Fratellosole, sorella luna" di Baroni-Verlanti, un prototipo girevole grazie a un sistema di cinque "rolle". Il duo Baroni-Verlanti confezionò anche il carro di apertura "Il grande Maestro", con sopra la massa delle maschere disposta su una superficie superiore alla parte figurativa costruita. Gli allievi della Scuola della cartapesta realizzarono il primo carro piccolo e la prima mascherata.
    1984: "Lasciamoli fiorire" di Silvano Avanzini fu un carro decisamente innovatore per la struttura circolare, dinamica, di ben 14 metri di diametro. Come progettista del carro di Carlo Vannucci, "Maghi, diavoli e scaramanzie", si riaffacciò al Carnevale Giovanni Lazzarini. Nilo Lenei si riservò il ruolo di ideatore dei carri costruiti da Giulio Palmerini. Arnaldo Galli scelse come collaboratore il fratello Giorgio.
    1985: "Te la do io la seggiola" fu l'ultimo carro di prima categoria di Renato Galli. Lo costruì coi figlio Fabrizio; insieme, padre e figlio, l'anno dopo passeranno a costruire un carro di seconda categoria.
    1986: Fra i costruttori dei grandi carri esordì Giovanni Maggini con "Baraccae burattini", una costruzione che privilegiò la stoffa per vestire sei maschere colossali. Fra i costruttori di prima categoria fu promossa an che la coppia Lebigre-Roger. Non ci fu il carro di apertura di Baroni-Verlanti. Nell'ultimo anno di gestione, prima di essere soppiantato dalla Fondazione, il Comitato, con il consenso del Cavac, acquisì la proprietà dei carri e ne decretò la distruzione a Carnevale concluso. Con la Fondazione Carnevale i carri di prima categoria da otto ridivennero nove, alterando ancora l'equanime spartizione degli spazi nei capannoni.
    1987: Con "Viareggio amore mio" la coppia Baroni-Verlanti riprese la costruzione dei carri. Giovanni Maggini per il carro "Arnore mio" s'ispirò a un capolavoro della pittura, fatto inusitato fra i costruttori: nella rappresentazione della Viareggio-Liberty fece riferimento al quadro "Il bacio" di Gustav Klimt. La Fondazione ripristinò il meccanismo della promozione e della retrocessione.
    1988: "Madonna Ciccone, un successo daleone" fu il terzo e ultimo carro dei Lebigre Roger. Accolti otto anni fa dal Cavac come graditi "exotiques", se ne andarono sbattendo la porta.
    1989: Un carro fiorito, allestito dal Mercato dei fiori e dalle Associazioni dei floricoltori, esordi alla testa del corso. Roberto Alessandrini affrontò la prima prova di un carro grande. "Carnevale nel cassetto" di Arnaldo Galli, nuovamente solo, non più cioè col fratello Giorgio, fu realizzato fuori dai tradizionali schemi d'impianto di un carro, utilizzando materiali vari. La Fondazione affidò a Riccardo Luchini, proveniente dal settore mascheratisti, la costruzione di un carro-sperirnentale": un mascherone scomponibile in quattro che, spalancato, mostrava l'interno con gli addetti ai movimenti in azione. Carlo Vannucci chiamò al suo fianco il figlio Enrico. "Benvenuto Burlamacco fra le maschere d'Italia", della coppia Baroni Verlanti, fu davvero l'ultimo per Sergio Baroni.
    1990: Arnaldo Galli affrontò una costruzione esemplare per l'armonia veridica di un cigno morente, ottenuta tramite un congegno multiplo di snodi contrari. Luigi Renato Verlanti e Fabrizio Galli iniziarono a costruire da soli i carri di prima categoria. Fabrizio si cimentò coraggiosamente in una figura enorme, strutturata con stampi unici longitudinali: una tigre di nove metri, pezzo base del carro "Saranno schiavi delle donne". Il secondo carro, "sperimentale", fu affidato dalla Fondazione a una donna, Mariangela Rugani, uscita dalla "Scuola della cartapesta" come altre allieve, Laura Canova, Rossella Disposito, Sabrina Tamburini, Cristina e Marzia Etna, Maria Grazia Canova, Alessandra Bianchi, Tiziana Andreuccetti, Maria Lami, Patrizia Dal Pino. "Viareggio ha in seno il Carnevale" della Rugani, di concezione surreale, esaltò il bianco e nero; suggestivo l'effetto. Oltre ai carri piccoli furono costruiti anche tre complessi.
    1991: Fra i costruttori dei grandi carri, in coppia con Luigi Renato Verlanti, fu accolta Rossella Disposito, terza donna dopo le presenze di Ivana Barsotti e Corinne Roger. Il carro del duo Verlant Disposito fu progettato da Giovanni Lazzarini; l'intesa a tre, Lazzarini-Verlanti-Disposito, fu ripetuta l'anno seguente.
    1992: Per la struttura metallica a cannocchiale, spinta a un'elevazione mai raggiunta da un carro, "Messaggio universale" di Fabrizio Galli costituì un primato. Silvano Avanzini col figlio Riccardo inaugurò un congegno multiplo a cuscinetti su piani inclinati per dare il rollìo del mare a una goletta sul carro "Alla scoperta dell'America": una genialità meccanica. Arnaldo Galli, costituita una SNC coi fratelli Umberto e Stefano Cinquini, ripropose il cigno in chiave ottimistica ne "Il cigno torna a volare"; senza precedenti la rivitalizzazione di un soggetto recente. La giuria non fornì una classifica dei carri di seconda categoria; li relegò tutti a pari... demerito all'ultimo posto.
    1993: Dal Commissario regionale della Fondazione fu concessa all'Arca la proprietà dei carri a fine corso. Un'innovazione costruttiva straordinaria ebbe, come comun denominatore, l'apertura improvvisa di un carro. Puntarono su questo effetto sensazionale "Terremoto" di Galli-Cinquini, che spaccò un vulcano e ne rivelò l'interno; "Aprite o sfondiamo", di Fabrizio Galli, che spalancò, abbattendoli, molti portoni e porte a un'orda di arieti; "Per me si va nella città dolente" diLuigi Renato Verlanti, che tagliò un volto in due e allargò il carro con due quinte a ventaglio. A fine Carnevale Arnaldo Galli e i Fratelli Cinquini disfecero la società. La Fondazione decise di riprendersi la proprietà dei carri al termine dei corsi.


    Albo d'oro
    1883: "I quattro mori" (Regia Marina)
    1885: "Il trionfo dei fiammiferi"
    1897: "Il trionfo della bicicletta" (Otello Sadun)
    1899: "L'alleanza italo - francese" (Ignoto)
    1900: "Nizza italiana" [carro réclame] (Ignoto) (Ignoto)
    1905: "La signora al volante" (Ignoto)
    1906: "Il trionfo del Carnevale" (Antonio Fontanini) e "La dea dei fiori" (Pietro Tofanelli) ex aequo
    1907: "Il trionfo dell'agricoltura" (Raffaello Tolomei)
    1908: "La bellezza vince la forza" (Raffaello Tolomei)
    1909: "I burattini meccanici" (Giuseppe Giorgi detto «Noce»)
    1910: "La coppa dei fiori" (Pietro Tofanelli)
    1911: "Il trionfo del progresso" (Guido Baroni) e "Il trionfo della vita" (Domenico Ghiselli) ex aequo
    1915/1920: Non furono effettuati i corsi mascherati
    1921: "Le nozze di Tonin di Burio nella corte del Pinaccio" (Giuseppe Giorgi detto «Noce»)
    1922: Non fu effettuato il corso mascherato
    1923: "Il carro di Pierrot" (Umberto Giampieri)
    1924: "Un sogno dopo un'orgia carnevalesca" o "Il drago" (Raffaello Tolomei)
    1925: "I tre cavalieri del Carnevale" (Antonio D'Arliano)
    1926: "La corsa al premio" (Antonio D'Arliano) e "La favola del Carnevale" (Alfredo Pardini) ex aequo
    1927: "L'ultima pazzia del Carnevale" o "La berlina" (Alfredo Pardini)
    1928: "Il Carnevale ai bagni" (Alfredo Pardini)
    1929: "Luna park" (Antonio D'Arliano)
    1930: "Carnevale prestigiatore" (Antonio D'Arliano)
    1931: "Carnevale nella jungla" (Alfredo Pardini)
    1932: "I tre moschettieri" (Alfredo Pardini)
    1933: "Carnevale sport" (Antonio D'Arliano)
    1934: "Treno popolare" (Francesco Francesconi)
    1935: "La famiglia volante" (Alfredo Pardini)
    1936: Non fu effettuato il corso mascherato
    1937: "Pagliacciata" (Antonio D'Arliano) e "Torna Carnevale" (Alfredo Pardini) ex aequo
    1938: "Carnevale in fiore" (Michele Pardini)
    1939: "La danza delle ore" (Michele e Alfredo Pardini)
    1940: "L'ultima avventura di Don Chisciotte" (Michele e Alfredo Pardini) e "Scampagnata di sartine" (Antonio D'Arliano) ex aequo
    1941/1945: Non furono effettuati i corsi mascherati
    1946: "Bando alla tristezza, viva l'allegria" (Michele Pardini, Alfredo Pardini e Ademaro Musetti) e"Serenata al chiaro di luna" (Antonio D'Arliano e Francesco Francesconi)
    1947: "Nel tempio di Bacco" (Antonio D'Arliano)
    1948: "E' arrivato il Marajà" (Antonio D'Arliano)
    1949: "Tre marinai in gamba" (Alfredo Pardini) per il rione San Martino - Arlecchino
    1950: "Una vedova allegra" (Antonio D'Arliano) e "Una raspa in campagna" (Alfredo Pardini) ex aequo
    1951: "Il grande valzer" (Sergio Baroni) e "Notte di Carnevale" (Alfredo Pardini)
    1952: "L'avventuroso" (Carlo Francesconi e Sergio Barsella)
    1953: "Chi vuol esser lieto sia" (Carlo Vannucci e Sandro Bertuccelli)
    1954: "Caccia subacquea" (Carlo Francesconi e Sergio Barsella)
    1955: "Baldoria all'inferno" (Alfredo Pardini) e "Barbablù" (Antonio D'Arliano) ex aequo
    1956: "Ballata selvaggia" (Silvano Avanzini e Francesco Francesconi)
    1957: "La magnifica preda" (Sergio Baroni) e "Cing Ciang mago d'Oriente" (Antonio D'Arliano) ex aequo
    1958: "Toro seduto" (Sergio Baroni)
    1959: "Don Chisciotte" (Silvano Avanzini)
    1960: "Carnevale al vertice" (Silvano Avanzini)
    1961: "Il vampiro" (Carlo Francesconi e Sergio Barsella)
    1962: "I grandi navigatori dello spazio" (Arnaldo Galli)
    1963: Non fu assegnato il 1° premio
    1964: "Show Boat" (Arnaldo Galli) [per il Carnevale di New Orleans] e "Nozze sul mare" (Sergio Baroni) [per il Carnevale di Viareggio]
    1965: "Scacciapensieri" (Sergio Baroni)
    1966: "Non calpestate i fiori" (Arnaldo Galli)
    1967: "Dove andranno gli innamorati" (Arnaldo Galli)
    1968: "Quel mazzolin di fiori" (Arnaldo Galli)
    1969: "L'allucinogeno" (Arnaldo Galli)
    1970: "Arriva Mao" (Giovanni Lazzarini e Oreste Lazzari)
    1971: "Battibecco" (Arnaldo Galli)
    1972: "Ping pong" (Arnaldo Galli)
    1973: "Viareggio in vista" (Sergio Baroni)
    1974: "La battaglia di carta" (Sergio Baroni)
    1975: "La cicala e le formiche" (Sergio Baroni)
    1976: "i grandi in maschera" (Arnaldo Galli)
    1977: "Rami secchi" (Arnaldo Galli)
    1978: "Bontà loro" (Arnaldo Galli) e "Peccato originale" (Silvano Avanzini) ex aequo
    1979: "Gli uffa" (Arnaldo Galli)
    1980: "Vieni, vieni anche tu" (Renato Luigi Verlanti) e "Fiat voluntas tua" (Silvano Avanzini) ex aequo
    1981: "Riciclaggio" (Arnaldo Galli)
    1982: "Gli incubi di Spadolini" (Raffaello Giunta)
    1983: "Il sol dell'avvenir" (Silvano Avanzini)
    1984: "Lasciamoli fiorire" (Silvano Avanzini)
    1985: "Piangerò domani" (Arnaldo e Giorgio Galli)
    1986: "Il rompi…balle" (Arnaldo e Giorgio Galli)
    1987: "Un punto più del diavolo" (Arnaldo e Giorgio Galli)
    1988: "Madonna Ciccone, un successo da leone" (Gilbert Lebigre e Corinne Roger)
    1989: "Carnevale nel cassetto" (Arnaldo Galli)
    1990: "Non si può fermare il tempo" (Arnaldo Galli)
    1991: "L'inferno del sabato sera" (Fabrizio Galli)
    1992: "Attenti al lupo" (Carlo ed Enrico Vannucci)
    1993: "I vampiri" (Silvano ed Alessandro Avanzini)
    1994: "Moby Dick" (Renato Luigi Verlanti su progetto e idea di Giovanni Lazzarini)
    1995: "Vecchi fantasmi vagano sull'Europa" (Renato Luigi Verlanti su progetto e idea di Giovanni Lazzarini)
    1996: "Il telemostro" (Renato Luigi Verlanti su progetto e idea di Giovanni Lazzarini)
    1997: "Fate il vostro gioco, signori" (Renato Luigi Verlanti su progetto e idea di Giovanni Lazzarini)
    1998: "Ma che male vi Fo?" (Silvano ed Alessandro Avanzini)
    1999: "American sexgate show" (Renato Luigi Verlanti su progetto e idea di Giovanni Lazzarini)
    2000: "Abracadabra" (Simone Politi e Federica Lucchesi)
    2001: "Le rovine d'Italia" (Franco Malfatti)
    2002: "La Repubblica delle banane" (Simone Politi e Federica Lucchesi)
    2003: "La mente intelligente" (Roberto Vannucci)

    Numero di vittorie:
    19 - Arnaldo Galli
    14 - Alfredo Pardini
    13 - Antonio D'Arliano
    09 - Silvano Avanzini
    08 - Sergio Baroni
    06 - Renato Luigi Verlanti, Giovanni Lazzarini
    04 - Michele Pardini
    03 - Raffaello Tolomei, Giorgio Galli, Francesco Francesconi, Carlo Francesconi e Sergio Barsella
    02 - Carlo Vannucci, Pietro Tofanelli e Giuseppe Giorgi detto «Noce», Alessandro Avanzini, Simone Politi e Federica Lucchesi


    Costi
    Da una nota dell'Ufficio Stampa della Fondazione, relativa al 1993, si apprende che la realizzazione di un carro richiedeva i seguenti materiali: 3 metri cubi di legname, 2 tonnellate di ferro, 2,5 quintali di colla, 10 quintali di giornali, 4 quintali di vernici, 20 quintali di creta, 15 quintali di gesso.
    Le piattaforme dei carri, munite di 32 ruote gommate, sono classificate "mezzi per trasporti eccezionali". Su ogni carro salgono, visibili al pubblico, una mascherata costituita in media da 200 elementi e un complesso bandistico con un minimo di 10 suonatori. All'interno del carro i movimenti delle figure sono manovrati da una squadra di 20~30 persone.
    I costi dei carri e delle mascherate, fissati nel bando di concorso del 1993 erano i seguenti:
    L. 103.700.000 un carro grande;
    L. 53.000.000 un carro piccolo;
    L. 21.200.000 una mascherata in gruppo;
    L. 1.750.000 una maschera isolata.
    I premi, determinati dalle classifiche erano così costituiti:
    L. 16.000.000 al primo carro grande;
    L. 10.700.000 al secondo;
    L 5.400.000 al terzo.
    Oltre il terzo nessun premio.
    Al primo anche il Burlamacco d'argento.
    L. 7.000.000 al primo carro piccolo;
    L. 4.300.000 al secondo;
    L. 3.200.000 al terzo.
    Oltre il terzo nessun premio.
    Al primo anche il Burlamacco di bronzo.
    L. 2.700.000 alla prima mascherata;
    L. 1.800.000 alla seconda;
    L. 1. 100.000 alla terza.
    L. 300.000 alla prima maschera.
    Il costo complessivo dei carri e delle mascherate, anno dopo anno, a partire dal 1954 è stato questo:
    1954: 24 milioni
    1955: 25 milioni
    1956: 24 milioni
    1957: 22 milioni
    1958: 23 milioni
    1959: 26 milioni
    1960: 28 milioni
    1961: 28 milioni
    1962: 30 milioni
    1963: 34 milioni
    1964: 33 milioni
    1965: 36 milioni
    1966: 36 milioni
    1967: 37 milioni
    1968: 39 milioni
    1969: 49 milioni
    1970: 47 milioni
    1971: 49 milioni
    1972: 54 milioni
    1973: 66 milioni
    1974: 74 milioni
    1975: 95 milioni
    1976: 96 milioni
    1977: 114 milioni
    1978: 132 milioni
    1979: 161 milioni
    1980: 173 milioni
    1981: 299 milioni
    1982: 464 milioni
    1983: 466 milioni
    1984: 563 milioni
    1985: 684 milioni
    1986: 812 milioni
    1987: 1. 100 milioni
    1988: 1.326 milioni
    1989: 1.417 milioni
    1990: 1.532 milioni
    1991: 1.542 milioni
    1992: 1.552 milioni
    1993: 1.723 milioni

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:56
     
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    Le mascherate
    Un primo sfogo di autentica satira politica con le mascherate in gruppo, il corso lo ebbe assai più tardi che coi carri e coi complessi. Ci volle l'arrivo del "Sessantotto". In passato, sia le mascherate che le maschere privilegiarono i fatti di costume, i modi di dire, i giochi di parole, il divertimento fine a se stesso.
    1969 : Con "Western all'italiana" Vittorio Lippi presentò la contestazione come un vincente "mucchio selvaggio" di pistoleros. Angelo Romani in "Come la cucincremo?" immaginò la colomba della pace pronta a divenire ricetta per più cuochi. Fabio Romani con "Anonima omertà- accusò l'italiano che non legge la ... legge.
    1973 : Dopo un triennio senza una mascherata politica, per il centenario Fabio Romani, con "Chi è che tira la carretta", presentò una sequenza di operai reclutati come soldati e Giovanni Pardini, in "L'italiano ottimista", accodò a un irriducibile (o cieco) utopista una sequenza di guai.
    1974 : Nei "soliti noti" a capo dei governi Angelo Romani, sotto il titolo di "I camaleonti", segnalò degli imitatori di Stalin, Hitler, Mussolini... . Fabio Romani ne "I padroni del vapore", segnalò gli sceicchi del petrolio.
    1975 : Un primo esempio di satira autentica venne da Paolo Lazzari con "Il rilancio dell'esportazione": fascisti, generali, preti, politicanti, poliziotti da spedire fuori d'Italia, imballati da Burlamacco. Con "Giochi d'equilibrio" Guidubaldo Francesconi travestì gl'italiani da foche, sul naso la pensione, lo stipendio, il salario... Gli fece eco Giovanni Pardini con "La stangata", cioè la cassa integrazione. Ne "I grandi bugiardi" Angelo Romani, in coda ai cacciatori e ai pescatori, fece sfilare i politici e i giornalisti.
    1976 : Con "I mangiatutto" Angelo Romani anticipò l'esistenza degli ingordi negli enti pubblici: Cassa del Mezzogiorno, Rai, Anas... Giovanni Pardini in "Fantasmi", l'uno dietro l'altro, con un aspetto orribilmente caricaturato, portò in corso Nerone, Napoleone, Stalin, Hitler, Mussolini.
    1977 : Furono tre le mascherate politiche. Tre su cinque. "Lo spaventapasseri" di Paolo Lazzari: il proletariato che tiene alla larga dal campo Italia famelici uccellacci. "Ilcollasso" di Carlo Bomberini: medici inaffidabili al capezzale dell'Italia in coma. "La ristangata" di Angelo Romani e Giovanni Mangini: il rincaro generale dei prezzi che fa salire il "mercurio" della... scala mobile.
    1978 : Due mascherate per due denunce: "Prigioni senza sbarre" di Angelo Romani, per la serie come è facile lasciare il carcere in Italia" e "I dicasteri" di Giovanni Pardini per la regola non scritta, ma praticata, dei "governanti manovrati dai partiti".
    Dopo il corso del 1979 , dedicato alla nuova ed unica esperienza dei Gruppi (complesso più mascherata) - sfilarono comunque le mascherate dei rioni -, con gli Anni Ottanta riprese la tradizione delle mascherate in gruppo.
    1980 : "Italia,bel paese" di Angelo Romani e Giovanni Maggini fu un accostamento dello Stato italiano al "BelPaese" formaggio, divorato dai topi. Guidubaldo Francesconi in "La repubblica di legno" dette ai governanti d'Italia il lungo naso di Pinocchio.
    1981 : Gilbert Lebigre e Corinne Roger, in "Le colonne dell'avvenire", denunciarono la governabilità, ovunque... garantita da decrepiti, logori dinosauri della politica. Roberto e Sabrina Galli in "Italy zoo", chiusero nelle gabbie i governanti, trasformati in bestioni da esposizione. Carlo Bomberini con "Vampiria Spa" fondò la società dei salassatori; fra i soci l'Iva, l'Irpef, l'Ilor e via... sigle dicendo.
    1982 : Con "Ogni moneta ha la sua poltrona", Roberto Musetti assegnò una scala di valori allo SME, facendo accomodare ogni moneta su poltrone, sedie, sgabelli secondo il rapporto di cambio col dollaro. Ne "Gli spaventapasseri" Nilo Lenci individuò i piduisti; ne "I bronzi di Riace" Carlo Bomberini segnalò politici, facce di bronzo; in "Sagra gastronomica" Piero Ghilarducci indicò i partiti, ingordi e avidi.
    1983 : Le mascherate ritornarono a essere numerose, nove. Ma una soltanto toccò il tema politico: "La vispa Teresa" di Roberto setti con l'Italia gentil fanciulletta.
    1984 : Dieci le mascherate. Due le politiche "Uccelli migratori" di Giovanni Pardi gabbie di politicanti, pretonzoli, soldatuco da lanciare in volo verso altre sponde e---M sica maestro- di Piero Farnocchia, u banda maldiretta con Craxi, De Mita, Spadolini e via elencando suonatori.
    1985 : Su tredici mascherate, di cui, tre fuori concorso, una soltanto ebbe un chiaro riferimento alla politica: "I giullari" di Luigi Miliani, che assegnò ai partiti il ruolo di "rigoletti" beffati dai "duchi" dell'industria e della finanza.
    1986 : Con "Andiamo a lavorare", Emilio Cinquini presentò i politici italiani come de boia con la mannaia, pronti a tagliar teste e con "Premiamo quel bottone", Rossella Disposito li legò a dei missili da lanciare nell'ignoto.
    L' ultimo Comitato lasciò alla Fondazione l'eredità di un ragguardevole numero di costruttori di mascherate, allievi della Scuola della cartapesta. Non tutti, anzi pochi, versati alla satira politica.
    1987 : Di quattordici mascherate una appena si presentò in corso con un soggetto politico:
    "Le collegiali" di Carlo e Giorgio Bomberini che, al seguito dell'istitutrice Nilde Jotti, mise in fila gli onorevoli, i più noti, i leader.
    1988 : Su undici mascherate due s'interessarono di razzismo e di servilismo: "Scacco al re" di Luigi Miliani, con il re bianco vinto dai pedoni neri e "Il mistero della sfinge" di Roberto Musetti che illustrò come il potere fosse generato dagli adulatori.
    1989 : Una mascherata politica soltanto, su quattordici: "Sedute di gabinetto" di Piero Ghilarducci, che modellò delle teste raffiguranti i ministri in carica, scaricate... nel water.
    1990 : Con "Nuovi idoli" Rossella Disposito trasformò i capipartito in totem coloratissimi. Giampiero Ghiselli in "I cavalieri della tavola gioconda" illustrò un duello medioevale in Parlamento per la conquista di Cicciolina, dama e regina; fra i duellanti anche la... Jotti.
    1991 : La guerra nell'Iraq fu evocata da Piero Ghilarducci in "A veglia nel Golfo": il Ministro degli Esteri De Michelis con Reagan e Gorbaciov fra gli sceicchi del petrolio. Con "Gladio, operazione merenda" Giorgio Bomberini armò di spiedo Cossiga, in giacca ed elmetto mimetici, seguito da un Occhetto spaventato e un Andreotti equivoco. In "Anche i ricchi piangono", Umberto Cinquini mise in fila Agnelli e Berlusconi, Baudo e Costanzo in attesa, davanti a un wc, occupato da Andreotti. Ne "Lagrande svendita" Riccardo Luchini portò al mercato i busti di Marx, Lenin, Stalin, Mao, le divise, le insegne, le bandiere dei comunismo.
    1992 : Riccardo Luchini in ---Tuttigli uomini del Presidente-, pose Cossiga al centro di un bersaglio; a sparare, Andreotti, Forlani, De Mita ed altri. Marco Dolfi in "Colombo 2000" dette al navigatore genovese le sembianze di De Michelis per una riscoperta dell'America del cinema e della Tv.
    1993 : La satira politica nelle mascherate ebbe un'impennata: sette su tredici. Umberto Bossi si ritrovò nelle vesti di Pietro l'eremita, in "Ghe pensi mi" di Giorgio Bomberini e d Goffredo di Buglione in "La lega li lega" di Riccardo Luchini. Unico il tema: la Crociata contro gl'infedeli, i vecchi capipartito. Il fisco fu l'ispiratore di "Gioco pesante" di Luigi Miliani e Maria Lami che caricarono i cittadini-cariatidi di pesanti tasse, e di "Spremute all'italiana" di Roberto Musetti che inscenò un corteo di donne magre, così ridotte dall'entità dei tributi indiretti. Con "Tagli alle spese" Piero Ghilarducci escogitò l'eliminazione, a forbiciate, dei personaggi invisi, stantii, da distruggere. In "Canzoni di Stato" Marco Dolfi assegnò ai politici un aspetto da topi e da papere; a tutti, non solo ad Amato ed Occhetto. In "Operazione mani pulite" Marzia Etna inventò la "Banda dei guanti gialli", composta da diavoli truccati da Angioletti.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:59
     
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    Burlamacco
    Il Burlamacco fu dipinto sul manifesto del Carnevale 1931. Senza il nome. Prima di ottenerlo passeranno otto anni.
    1939: L'ideatore della maschera e del nome, Uberto Bonetti, ha riferito che fu il Comitato Carnevale a chiedergli, nel 1930, di preparare il manifesto del 1931 e che, prova che ti riprova, si ritrovò sul tavolo da disegno un pagliaccio con un "puzzIe" d'indumenti sottratti alle maschere italiane della Commedia dell'Arte: una tuta a scacchi biancorossi suggerita dal vestito a pezzi di Arlecchino, un ponpon da cipria rubato dal camicione di Pierrot, una gorgiera bianca e ampia alla Capitan Spaventa, un copricapo rosso a imitazione di quello in testa a Rugantino, un mantello nero svolazzante, tipico di Balanzone. Al fianco di Burlamacco, Bonetti disegnò una figurina di bagnante, con costume castigato come d'uso negli Anni Trenta, per comunicare che Viareggio era la città del Carnevale e dell'Estate. Fu sempre il Comitato -nella versione dello stesso Bonetti - a sollecitarlo a dare un nome e al pagliaccio e alla bagnante. Bonetti che perseguiva il progetto di un giornale umoristico al quale avrebbe fornito le vignette, firmandole Burlamacco, trasferì lo pseudonimo alla maschera; per la bagnante inventò il nome di Ondina.
    Il nome Burlamacco fu suggerito a Bonetti da Buffalmacco, pittore fiorentino e personaggio del Decamerone. Bonetti sostituì la radice "buffa" con "burla"; ma un contributo gli dovette arrivare anche dal cognome lucchese Burlamacchi, già utilizzato per il canale del porto, il Burlamacca.
    1939: Il nome Burlamacco piacque subito, non solo al Comitato, ma anche alla città e fu assegnato alla maschera durante un veglione in casa Speziali, in via Mazzini, con tanto di battesimo a champagne. La cerimonia ebbe come testimoni gl'invitati alla festa da ballo. All'avvenimento fu data l'ufficialità di un atto trascritto su una pergamena, firmata dal Bonetti e controfirmata dai rappresentanti del Comitato dell'Azienda Turismo e del Dopolavoro. Nella stessa occasione fu dato il nome di Ondina alla bagnante. Sul manifesto di quell'anno non figurò tuttavia Burlamacco, ma un pagliaccio a mezzo busto, non proprio dissimile da lui, vestito di bianco come Pierrot.
    1946: Fin dal primo corso del dopoguerra Burlamacco tornò sul manifesto. Da solo. Ondina non la si vedrà più sui manifesti di Bonetti, fino al 1980, tolta la parentesi del biennio 1961-62 quando sarà riproposto il manifesto del 1931.
    1967: Bonetti apportò alcune modifiche stilistiche alla maschera. Rappresentò Burlamacco a mezzo busto e fece ricorso alla tecnica del finto collage, alternando i colori bianco e rosso ai colori bianco e nero. In testa alla maschera pose un copricapo color cremisi.
    1973: Burlamacco ebbe dal suo disegnatore una seconda modifica di rilievo: indossò costume a scacchi quadrati.
    1980: Ondina riapparve a fianco di Burlamacco con indosso un bikini bianco; a Burlamacco Bonetti riservò un vestito a fondo bianco crema, macchiato da trapezi e triangoli vermigli.
    1990: Burlamacco nel manifesto di Bonetti assunse un atteggiamento più disinvolto, dinamico, decisamente innovativo, rispetto all'iniziale concezione a forma di croce d Sant'Andrea.
    Il 21 dicembre 1988 Burlamacco entrò, come maschera ufficiale del Carnevale di Viareggio, al Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari di Roma. Il manichino, fedele al disegno originale di Uberto Bonetti, indossa un costume realizzato dalla Casa di Mode Cerratelli di Firenze. La testa, ovviamente, è di carta a calco, ed è stata prodotta dai costruttori dei carri. Una figura monumentale in carta a calco di Burlamacco è esposta al Museo dell'Uomo di Parigi. Ai piedi della "statua" è stata collocata una didascalia, corredata dalla foto di un mascherone sul litorale viareggino.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 13:59
     
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    Le bande musicali
    Il Carnevale 1954 regalò a Viareggio la Libecciata, prima banda folcloristica della città. Sempre in testa al corteo carnevalesco, divenne la messaggera nel mondo dei carri allegorici.
    1953 : per il terzo anno, ad aprire il corso mascherato il Comitato Carnevale chiamò la "Rumpe e streppa", banda di suoni e colori proveniente da Finale Ligure. La Libecciata s'ispirò proprio alla "Rumpe e streppa". Il nome fu suggerito dal vento di libeccio: una folata calda, perché la Libecciata fu pensata come una fanfara, un soffio di note per le strade di Viareggio. L'idea prese a circolare fra i tavoli del Bar Bengasi, all'angolo di Via Puccini - Via Cairoli, suggerita da Fausto Bemi ed incontrò l'immediata approvazione di Rodolfo Puccetti, Luciano Marcucci, Vittorio Bresciani, Stefano Sciarra, Aldo Bolelli che formarono il nucleo dei fondatori. Il 23 novembre Fausto Bemi fu eletto presidente del Comitato per la Libecciata. Per le divise fu indetto un concorso. Su dieci proposte fu scelta quella contrassegnata con la parola "Delfino" e la busta chiusa che l'accompagnava, invece di contenere le generalità dell'autore, segnalò un nome: Burlamacco. Fu immediata l'identificazione: sotto lo pseudonimo della maschera viareggina si celava Uberto Bonetti.
    1954 : L'esordio della Libecciata fu doppio. Prima al Politeama per la "Festa della Canzonetta". Poi sui Viali a mare la seconda domenica di Carnevale, davanti alle macchine da presa della neonata Televisione italiana che per la prima volta intervenne ai corsi mascherati. Fra gli spettatori due grandi attori americani: Homprey Bogart e Lauren Bacall. Ai viareggini piacque subito: centoventi elementi in divisa stravagante, muniti di strumenti musicali e di oggetti bizzarri e rumorosi, guidati da una ragazza bionda con tutto quello che occorre al posto giusto, in giacca corta e pantaloni aderenti. Un gran colpo d'insieme. Divise biancoazzurre come il mare increspato dal vento, i suonatori in proscenio e dietro i rumoristi, tutti su cinque file, ognuna con in testa un tamburo maggiore: e alle spalle della bionda, nel ruolo di mazziera, un manipolo di finti gendarmi col casco coloniale. Dopo lo schieramento degli ottoni tirati a lucido, i rumoristi con arnesi di foggia diversa: pesci, polpi, ostriche, cavallucci... di legno colorato, con campanelli, fiocchi, strisce.
    La presidenza del Consiglio di amministrazione della -Libecciata", strutturato come una società, fu assunta da Rodolfo Puccetti. Direttore musicale divenne Vittorio Bresciani che, in seguito, si avvalse della collaborazione di Felice Questa. Ai libeccini fu assegnato anche un istruttore ginnico e il compito lo assunse Aldo Bolelli, insegnante di educazione fisica. La Libecciata ebbe un "suo" inno, musica di Vittorio Bresciani, parole di Rodolfo Puccetti: "E' qui giunta col soffio del libeccio, che dal mare spira e l'onde fa ingrossar, questa balda gioventù.". La prima mascotte fu Maria Grazia Billi. Una leggenda. Le succedettero nel tempo Maria Grazia Corfini, Lucia Voglini, Maria Conti, Giovanna Bertozzi, Giovanna Bascherini, Gigliola Sbragia, Giuseppina Tonetti, Betty Venturini, Marina Campisti, Donata Sasso, Margherita Fuloni, Tersilia Lazzerini, Luciana Vannucci, Marta Costa, Bruna Di Scala, Cinzia Bernardetti, Daniela Mazzucchi, Michela Della Longa, Monica Solaini....
    Ila Libecciata, dopo l'apparizione sugli schermi della televisione alla testa 1Akdel corso mascherato in Italia e all'estero, arrivarono richieste di partecipazione alle feste di mezza Italia e di molti paesi d'Europa.
    1955 : nei primi tempi, e negli Anni Sessanta, la Libecciata fece molte improvvise apparizioni a Viareggio, anche in estate. Come una repentina "spazzata" di vento carica di musica, la banda attraversava la Passeggiata offrendo ai bagnanti un "assaggio- di Carnevale. Le prime trasferte in Italia portarono la Libecciata a Pistoia e La Spezia; poi ad Adria, Assisi, Bergamo, Corno, Bari, Bologna, Firenze, Milano, Ferrara, Napoli, Perugia, Pesaro; in alcune città più e più volte, Trieste, Tivoli, Terni, Venezia, Impossibile citarle tutte, Sondrio, Varese, Verona, Ventimiglia.
    All'estero fu applaudita nelle strade di Parigi, Monaco di Baviera, Cannes, Digione, Ginevra, Salon en Provence, Aix les Bains, Neufchateau, Locarno, Ascona, Lugano, Remiremont, Shongau, Evian, Marsiglia, Basilea, Le Mans, Saint Chamont, Nancy...
    1971 : rinnovata nelle divise e dotata di nuovi strumenti-fantasia, la Libecciata si presentò con la mazziera attorniata da un nugolo di majorettes.
    1972 : il Comitato promosse il reclutamento d'allievi musicanti dai 9 ai 12 anni con l'obiettivo di istituire una "Minibanda dell'allegria". L'iniziativa non andò a segno.
    1974 : il Ventennale della Libecciata sarebbe dovuto essere festeggiato con lo svecchiamento dei ranghi, delle divise, degli strumenti ritmici dalle forme stravaganti. Non fu così. Nella sfilata sui Viali, la banda del Carnevale mise in mostra tutto il logorio delle divise, l'usura degli strumenti, il calo delle schiere, sintomi della necessità di provvedere, e presto, a un rinnovo. Negli anni che seguirono le difficoltà d'ordine economico della Libecciata, le complicazioni derivanti dalla necessità di reclutare musicisti e rumoristi fuori Viareggio, gli inciampi di una palese incomprensione da parte e del Comune e del Comitato, segnarono ulteriormente il progressivo degrado.
    1981 : fu l'anno dell'ultima apparizione della Libecciata alla testa del Corso mascherato. Il gennaio, durante i preparativi di Carnevale, il presidente Rodolfo Puccetti lasciò l'incarico per motivi di età e di salute. La presidenza della banda del Carnevale fu assunta da Osvaldo Livi. Il ruolo di direttore musicale fu coperto dal Maestro Anselmo Pulga. Sia il Livi sia il Pulga si fecero interpreti di un appello disperato alla città: "La Libecciata sta morendo d'inedia". Restò inascoltato.
    1984 : la Lotteria nazionale fece nascere la speranza che la Libecciata potesse ottenere un finanziamento che la conducesse a rivivere. Ma non ebbe risposta alle richieste.
    1986 : una sottoscrizione aperta fra i cittadini fruttò un bel nulla. I giornali riportarono i termini di una delibera comunale che assegnava venticinque milioni alla Libecciata e si parlò di un rinnovamento che sarebbe iniziato proprio dalle divise, ridisegnate da Renato Spinazzola. Il contributo del Comune, depositato in una banca, non è mai stato prelevato.
    Con l'avvento della Fondazione Carnevale il progetto "Nuova Libecciata" fu accantonato.
    1987 : Nella Fondazione si fece strada la proposta di istituire una banda del Carnevale, diversa dalla Libecciata: altro il nome, maggiore il numero dei musicanti, minore l'insieme dei rumoristi e largo a un terzo settore, quello delle maschere. Per la nuova banda fu scelto il nome "Maschereide", tratto dalla canzonetta ufficiale del 1992 di Maffei-Sadun. Il compito di formare l'insolito complesso fu assunto dalla Filarmonica "Giovanni Pacini" e l'animatore numero uno del progetto divenne Giovanni Mazzoni.
    1989 : il 21 gennaio avvenne la prima uscita ufficiale di Maschereide, schierata sotto la pensilina della stazione ferroviaria nell'attesa del Treno d'Europa. Un centinaio di musicisti costituì il settore più cospicuo del complesso. Fu il Maestro Ugo Bini a dirigere il tutto. Molti gli strumenti a fiato rispetto alla sezione ritmica. Maschereide si connotò soprattutto per un pregevole gruppo di maschere della Commedia dell'arte guidato da un Burlamacco mazziere e per una schiera di majorettes. I costumi furono disegnati da Anne e Giorgio Withe, notissimi stilisti, e l'insieme e delle maschere e delle majorettes si mosse secondo una coreografia ideata e diretta da Antonella Frusteri. Musicanti e rumoristi si presentarono con una montura bicolore, giacca rossa con gli alamari dorati e pantaloni scuri, in capo un berretto di foggia marinaresca. Maschereide, però, non poté presentarsi alla folla del primo corso mascherato in calendario il 22 gennaio, a causa del maltempo. La sortita fu rinviata al 29 gennaio.

    Edited by litodanie - 29/8/2007, 14:02
     
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  9. Roberto Sbrana
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    Salve, sai mica le date dei rioni 1977? Ti ringrazio!!!
     
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8 replies since 18/10/2005, 15:38   4252 views
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